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TikTok al bando negli Usa? La società cinese ByteDance non si arrende e fa ricorso alla Corte Suprema dopo l’appello perso

06 Dicembre 2024 - 20:27 Antonio Di Noto
TikTok bando usa corte suprema
TikTok bando usa corte suprema
Il contenzioso riguarda la legge degli Usa per bandire l'app considerata un sistema della Cina per raccogliere dati sui cittadini americani

TikTok si è rivolto alla Corte Suprema degli Usa per chiedere di rovesciare la legge che impone alla società madre ByteDance di vendere l’app. Pena: non poter più operare negli Usa. La richiesta della piattaforma social arriva a poche ore dalla sentenza della corte d’appello del District of Columbia (coincidente con il territorio della capitale Washington) che si è schierata con il parlamento americano e ha respinto la richiesta della popolare applicazione di annullare la legge. Quest’ultima è stata approvata a fine aprile e controfirmata pochi giorni dopo dal presidente Joe Biden e impone alla cinese ByteDance di trovare un acquirente americano per la piattaforma social entro il 19 gennaio 2025. Ammesso che l’acquirente ci sia, da allora scatterebbero i 90 giorni per completare l’operazione.

La libertà di espressione di 170 milioni di americani

Ma ByteDance non sembra intenzionata a privarsi del gioiello della propria corona, che gli Usa ritengono possa essere uno strumento della Cina per raccogliere indebitamente dati sul conto dei cittadini americani. Quantomeno non prima che ciò venga stabilito da tutti e tre i gradi di giudizio. Secondo la società madre di TikTok, la legge statunitense violerebbe il primo emendamento della Costituzione: quello che garantisce la libertà di espressione. A vedere negato il proprio diritto sarebbero i 170 milioni di americani che usano la piattaforma. «La Corte Suprema vanta una lunga tradizione nella tutela del diritto alla libertà di espressione negli Stati Uniti, e confidiamo che agirà con la stessa determinazione su questa rilevante questione costituzionale», riferisce un portavoce della piattaforma in una nota. «Purtroppo, il ban di TikTok è stato ideato e sostenuto basandosi su informazioni inesatte, fuorvianti e speculative – si sottolinea ancora – configurandosi come una vera e propria forma di censura nei confronti del popolo americano».

La sentenza della corte d’appello

Ma è di tutt’altro avviso la corte d’appello di DC. «Il primo Emendamento – hanno scritto i giudici – esiste per proteggere la libertà di parola negli Stati Uniti. E con questa legge il governo ha agito esclusivamente per proteggere quella libertà da una nazione straniera ostile e per limitare la capacità di quell’avversario di raccogliere dati privati degli americani». La legge, dunque, «è attribuibile alla minaccia della Cina alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, non al governo americano», ha aggiunto la corte, pur riconoscendo che il provvedimento costringerebbe milioni di americani a trovare «mezzi di comunicazione alternativi».

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