La storia di Marco Magrin, “cacciato” dalla casa dell’attivista anti-sfratto e poi morto in un garage. Il Comune di Treviso presenta un esposto
Marco Magrin aveva 53 anni. Dopo aver occupato per anni l’appartamento dove abitava a Treviso, il proprietario di casa ha chiesto indietro le chiavi e lui è andato a “vivere” in un garage dove poi ha trovato la morte sabato 30 novembre, forse per un infarto. Sul caso, come scrive il Corriere, è scoppiata una polemica perché si è venuto a sapere che il proprietario dell’abitazione prima occupata è un noto attivista anti sfratti, Andrea Berta, in contrasto con il comune. Che ora, nelle vesti del sindaco Mario Conte, ha promesso: «Ho intenzione di presentare un esposto alla procura per chiarire le responsabilità del caso».
Il caso
Magrin è stato trovato senza vita all’interno della sua auto in un garage alla periferia di Treviso. Aveva il cappello abbassato sulla testa e teneva il giubbotto stretto addosso a sé per difendersi dal freddo. Molto probabilmente è morto di stenti, forse per le temperature troppo rigide.
L’attacco del sindaco leghista spalleggiato da Fratelli di Italia
L’esposto del sindaco leghista Mario Conte è sostenuto dagli esponenti di Fratelli di Italia: «Se il militante di estrema sinistra era a conoscenza dello stato di indigenza di Magri perché invece di segnalarlo ai servizi sociali quando andava in Comune a protestare contro gli sfratti, ha preferito cambiare la serratura della sua proprietà? Il povero Marco Magrin è stato ucciso da un’indifferenza sinistra», ha dichiarato il senatore Raffaele Speranzon. Un attacco così frontale può essere motivato con l’attivismo di Berta. La destra ha infatti il dente avvelenato con lui perché, solo pochi giorni prima del decesso di Magrin, l’attivista aveva partecipato a un flash mob durante il consiglio comunale nel quale criticava l’inadeguatezza delle politiche sociali dell’amministrazione. «Basta sfratti, basta persone in strada», c’era scritto su uno striscione esibito dagli attivisti in aula.
La difesa dell’attivista
Berta si è però voluto difendere dalle accuse che sono piovute contro di lui, strumentalizzando anche le battaglie per cui si batte. Per questo ha raccontato al Corriere la storia dell’appartamento al centro della polemica: «Ho ereditato a partire dall’ottobre del 2022 quell’appartamento, dopo la morte di mia zia. Era già occupato a titolo gratuito da Magrin, dalla sua ex compagna e da altri soggetti saltuari». E spiega anche le spese che ha dovuto affrontare: «In questi anni, in assenza di un canone di affitto, mi sono trovato a sostenere per quell’immobile costi che per me non erano più sostenibili». I costi sarebbero arrivati a 4mila euro, senza contare le utenze. Berta avrebbe provato a trovare una soluzione, ma Magrin l’aveva rassicurato: «L’ultima volta che l’ho sentito era fine estate, mi aveva assicurato di aver trovato una nuova sistemazione e poi non ci sono stati più contatti, era una persona sfuggente. Da parte mia non c’è stato nessuno sfratto, dopo aver appurato che non c’era più nessuno in quell’appartamento ho iniziato a cercare una ditta per la disinfestazione e ho cambiato la serratura solo per evitare che altri, entrati eventualmente in possesso delle chiavi negli anni scorsi, potessero rientrare. Non vivendo in quella zona non potevo sapere che aveva iniziato a vivere in un garage». Nelle lettere dell’avvocato di Berta si parla solo di una restituzione delle chiavi e mai di un atto giuridico che chiede la riconsegna dell’immobile.
Il centro sociale a sostegno di Berta
Anche il centro sociale “Django”, frequentato da Berta, sostiene la sua tesi. Gli attivisti chiamano invece in causa l’amministrazione: «Magrin ha provato a contattare il Comune senza ottenere alcuna risposta» dichiara in una nota la portavoce Gaia Righetto. Il 53enne aveva denunciato la sua situazione critica anche sotto alcuni post del sindaco: «Questo Natale sarà bello per molti ma non per tutti. Io sto al freddo e non so come mettermi in contatto con voi del municipio. Mi “rimbalzano” da tutte le parti». Il primo cittadino si è difeso così: «Non leggo tutto, per questo genere di segnalazioni ci sono i canali ufficiali».