Siria, le forze jihadiste all’assalto di Damasco: «Il regime sta per cadere». Mistero sulla sorte di Bashar al-Assad – Il video
I ribelli jihadisti in Siria continuano ad avanzare e sono ormai entrati a Damasco. Lo hanno confermato in giornata un comandante dei ribelli, attivisti dell’opposizione e anche l’Osservatorio siriano per i diritti umani, riferendo di un ingresso per lo meno nei sobborghi della capitale di Maadamiyah, Jaramana e Daraya. Da diverse zone della Siria giungono immagini di giubilo, con almeno una statua dell’ex presidente Hafez al-Assad abbattuta. «Damasco vi aspetta», ha dichiarato Abu Mohammed al-Jawlani, leader del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), esortando i suoi combattenti a rovesciare il regime. E un altro comandante delle forze jihadiste, Hassan Abdul-Ghani, ha scritto su Telegram che i ribelli stanno circondando la capitale in quella che è a tutti gli effetti «la fase finale» dell’offensiva. La caduta del regime decennale del dittatore Bashar al-Assad pare insomma «dietro l’angolo», dicono gli stessi ribelli: con il suo esercito in ritirata, si rincorrono le voci su una sua possibile resa. S’era diffusa la notizia di un discorso alla nazione ore 20 locali: cosa mai avvenuta. Al contrario, secondo la Cnn, Assad sarebbe ora «introvabile». Nessuna traccia di lui al palazzo presidenziale, come indica l’assenza del presidio di guardia. Il segno che il dittatore che ha represso nel sangue la rivoluzione dello scorso decennio ha già lasciato il Paese? Voci, indiscrezioni tutte da confermare, mentre ufficialmente il governo siriano fa sapere per bocca del ministro dell’Interno Mohammed al-Rahmoun che le forze di sicurezza hanno imposto «un cordone di sicurezza impenetrabile» attorno alla capitale. Ma tutto lascia pensare l’opposto.
December 7, 2024
La proposta di colloqui a Ginevra con regime e ribelli siriani
Nel frattempo, le potenze occidentali, l’Onu e l’Unione Europea si sono dette d’accordo nell’avviare a Ginevra colloqui inter-siriani per gestire il post-Assad ed evitare «spargimenti di sangue» in Siria, che allontani lo spettro «del collasso dello Stato siriano» (distinto dal regime), e che metta allo stesso tavolo tutte le parti coinvolte: sia esponenti «presentabili» del governo – quindi esclusi Assad e il fratello – sia rappresentanti di Hayat Tahrir ash Sham (Hts), la coalizione jihadista a guida dell’offensiva militare cominciata il 27 novembre scorso. Lo si apprende da un documento riservato, visionato dall’Ansa, della riunione svoltasi oggi a Doha, tra i rappresentanti di Usa, Francia, Germania, Regno Unito, Ue e Onu. Nonostante Hts sia definito da anni un «gruppo terroristico» da Usa, Canada, Gran Bretagna e Ue, secondo il documento, potranno giungere esponenti di sigle minori della coalizione ma di fatto legate a Jolani, così da non imbarazzare le cancellerie occidentali. Questa proposta – prosegue il documento – potrebbe essere accettata dagli iraniani, che «hanno mostrato flessibilità nel dialogare anche con Hts».
A nord occhi puntati su Homs
«Abbiamo avviato un’operazione militare speciale su più fronti per entrare a Damasco», ha dichiarato una fonte dei ribelli sunniti siriani ad Al Jazeera. Più a nord, gli occhi restano infatti puntati su Homs. Situata strategicamente al centro del paese, rappresenta un nodo strategico cruciale nella guerra civile e l’ultimo grande ostacolo per i ribelli che avanzano da nord verso sud con l’obiettivo di raggiungere Damasco. I ribelli jihadisti hanno annunciato di essere alle porte della città. Attualmente, si sono fermati alla periferia nord, ma promettono di continuare a marciare verso la capitale e «rovesciare il regime». Venerdì scorso, alcune fonti locali avevano riferito all’Osservatorio siriano per i diritti umani che le forze governative si erano ritirate da Homs, seguendo la dinamica già vista ad Aleppo e Hama. Notizie, tuttavia, premature. I soldati fedeli al regime sono ancora presenti in città e stanno resistendo all’avanzata dei ribelli di Hayat Tahrir al Sham.
Il valore strategico della città di Homs
Homs non è solo una città, ma il fulcro del controllo territoriale del regime. Si trova a metà strada tra Damasco e Latakia, le due roccaforti principali del potere di Assad. Latakia, con il suo porto strategico sul Mediterraneo, rappresenta il collegamento del regime con l’esterno, mentre Damasco è il cuore politico. La caduta di Homs spezzerebbe in due il territorio controllato dal regime, isolando le due città e rendendo più vulnerabili le forze governative. Inoltre, Homs è l’incrocio tra due arterie vitali del paese: l’autostrada M5, che collega il nord al sud della Siria, e l’autostrada M1, che serve la costa, dove il regime gode di un ampio sostegno. Attualmente, i ribelli hanno già raggiunto la tangenziale nord di Homs e, se riuscissero a tagliare anche quella sud, ostacolerebbero gravemente i rifornimenti e i movimenti delle truppe governative.
Le operazioni di evacuazione
Nel frattempo, gli altri Paesi hanno sollecitato i propri cittadini in Siria a lasciare immediatamente la regione. «La nostra ambasciata è pronta a organizzare evacuazioni, abbiamo già richieste, il Governo è pronto a fare il necessario sia con iniziative nazionali che Onu per l’uscita in sicurezza dei cittadini», fa sapere il ministro degli Esteri Antonio Tajani. L’Iran ha avviato l’evacuazione dei suoi alti comandanti militari e altri funzionari, tra cui i leader della Forza Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie, diplomatici accompagnati dalle loro famiglie e alcuni civili. Le operazioni di evacuazione sono cominciate venerdì mattina, secondo fonti iraniane. Alcuni funzionari hanno lasciato la Siria in aereo, mentre altri si sono diretti via terra verso il Libano, l’Iraq e la città portuale di Latakia. Quanto ad Assad, come rivelato da un’indiscrezione del Wall Street Journal, sarebbe stato esortato a lasciare il Paese da alcuni funzionari governativi egiziani e giordani per dare vita un governo in esilio. Secondo il quotidiano, i familiari più stretti di Assad avrebbero già abbandonato il Paese, con la moglie e i figli che si sono rifugiati in Russia, mentre i cognati si trovano negli Emirati Arabi Uniti.