Omicidio Sofia Stefani, l’ex comandante della polizia Gualandi ai domiciliari: «La uccise perché stressato». La famiglia della vittima: «Perplessi»
Lo scorso maggio l’ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia Giampiero Gualandi, 63 anni, ha ucciso la collega Sofia Stefani, di 33. L’omicidio avvenne nella sede del comando di Anzola. I due colleghi avevano una relazione. Secondo l’uomo, sposato, il colpo di pistola è partito in modo accidentale ma la procura gli ha contestato l’omicidio volontario. Oggi, secondo quanto riporta La Stampa, Gualandi potrebbe passare il Natale a casa, con la sua famiglia. Secondo il giudice per le indagini preliminari di Bologna ne avrebbe diritto e perciò ne ha predisposto i domiciliari. Per il magistrato, quel colpo di pistola, che lui sostiene sia partito per errore e che l’accusa crede invece sia stato un gesto volontario, lo avrebbe esploso perché sopraffatto dallo stress, dovuto alla decisione di interrompere il rapporto extraconiugale che aveva con Sofia, e al fatto che lei non lo accettasse, inventandosi anche una gravidanza. Non c’è per il gip pericolo di reiterazione di reato. Per il momento, sottolinea il quotidiano torinese, resta in carcere, e non è detto che esca prima del processo: perché manca il braccialetto elettronico e la procura si oppone. Gualandi aveva ricevuto i domiciliari anche lo scorso novembre ma sempre per il mancato dispositivo non si è potuto procedere. Il suo legale Claudio Benenati ha detto a La Stampa che «questa è una iattura tutta italiana. I dispositivi sono pochi, e a volte si aspetta per settimane. Se passasse troppo tempo, però,
il giudice potrebbe revocare la restrizione».
I genitori della vittima «perplessi sul provvedimento»
Intanto la famiglia di Sofia Stefani esprime perplessità sul provvedimento. Andrea Speranzoni, che difende Bruno e Angela, genitori della vittima sostiene che il pericolo di reiterazione esista. Perché anche se Gualandi sostenne che il proiettile fosse partito mentre puliva la Glock la perizia balistica, l’autopsia su Stefani convinsero la procura del contrario. Così come pesa il racconto di un testimone che riferisce di una telefonata preventiva di Sofia verso Gualandi che lo avvisava che lo avrebbe raggiunto in ufficio. Per questo motivo fu disposto il carcere, nonostante la fedina penale pulita e una carriere specchiata. Anche se, sottolinea La Stampa, il 63enne è incensurato, ma è anche finito in un’inchiesta della Finanza per un illecito su un appalto, in una causa per mobbing, e in un processo per diffamazione. A denunciarlo è stato il sindaco d’Anzola, che lo accusava di aver creato tre account Facebook falsi, per infangare la sua immagine. Intanto la procura ha già annunciato il ricorso contro la decisione del gip.