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Netanyahu esulta per la caduta di Assad: «Merito dei colpi inferti all’Iran e a Hezbollah». E Israele conquista l’area di confine in Siria – Il video

08 Dicembre 2024 - 18:40 Simone Disegni
Per il premier israeliano è «un grande giorno per il Medio Oriente, ma ci sono anche significativi rischi». Raid preventivi su siti militari nell'area di Damasco

La caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria rappresenta un «risultato diretto dei colpi che abbiamo inferto all’Iran e a Hezbollah» negli ultimi mesi. Lo ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel giorno della presa della Siria da parte delle milizie jihadiste dell’Hayat Tahrir al-Sham. «Un giorno storico per il Medio Oriente», lo ha definito Netanyahu, che ha parlato dalle alture del Golan che segnano il confine tra Israele e Siria. Il governo israeliano esulta dunque per il collasso del regime di Assad, che sino a poche ore fa costituiva – ha ricordato Netanyahu – «un anello centrale dell’asse del male dell’Iran». Se Teheran perde un avamposto strategico nella regione, usato per anni per rifornire di armi le milizie libanesi di Hezbollah, insomma, lo Stato ebraico non può che accogliere con sollievo la novità. E anche rivendicare un pezzo dell’opera di costante indebolimento dell’Iran e di Hezbollah condotto negli ultimi mesi che ha consentito la svolta-lampo degli ultimi giorni. Netanyahu non ha bisogno di ricordare agli israeliani a cosa fa riferimento: la campagna di bombardamenti su obiettivi iraniani in Siria, compresa l’ambasciata di Damasco, la risposta colpa su colpo ai missili lanciati quotidianamente da Hezbollah dal 7 ottobre fino alla svolta a partire da settembre, con l’operazione dei pager, la decapitazione dei vertici del movimento, compreso il leader Hassan Nasrallah, infine l’operazione di terra per respingere le milizie sciite lontano dal confine. Senza contare l’attacco diretto all’Iran condotto a fine ottobre. Tutto ciò, rivendica ora Netanyahu, «ha creato una reazione a catena attraverso il Medio Oriente per tutti coloro che aspirano a liberarsi di questo regime tirannico e oppressivo».

Rischi e opportunità

Tutto ciò non toglie, ha detto Netanyahu dopo la visita nei pressi del confine, che insieme a «grandi opportunità» la situazione in piena evoluzione a Damasco reca per Israele e per la regione anche «significativi rischi». Per questo nelle scorse ore l’esercito israeliano ha mosso oltre confine e ha preso il controllo della zona cuscinetto sul Golan che separa i due Paesi. La zona è rimasta smilitarizzata dal 1974 nell’ambito degli accordi tra i due Paesi firmati dopo la guerra del Kippur. Ma ora, ha sottolineato Netanyahu, con la caduta del regime di Assad e il ritiro dell’esercito siriano, non c’è più nessuno ad assicurare il rispetto di quegli accordi. Per questo il governo israeliano ha dato ordine di prendere il controllo di quell’area «per assicurare che nessuna forza ostile s’insedi a due passi dal confine con Israele». Per Israele si tratta di «una mossa temporanea difensiva, sino a quando sarà trovato un accordo» per la gestione dell’area con i futuri nuovi governanti della Siria, ha precisato Netanyahu. Che lasciando trasparire l’auspicio che quella di oggi rappresenti una svolta positiva per il Paese a nord, ha voluto anche tendere «una mano di pace» ai cittadini siriani che condividono quella speranza: «i drusi, i curdi, i cristiani, e anche i musulmani che vogliono vivere in pace con Israele». Per questo, ha concluso Netanyahu, «seguiremo gli eventi con grande attenzione. Se possiamo stabilire buone e pacifiche relazioni con le nuove forze che emergeranno in Siria, è ciò che desideriamo. Ma se questo non sarà possibile, siamo pronti a fare tutto ciò che sarà necessario per difendere lo Stato di Israele e il confine».

L’esercito israeliano prende il controllo della base militare sul versante siriano del monte Hermon dopo il collasso del regime di Assad e del suo esercito

Raid preventivi sulla Siria

Nel pomeriggio di domenica, in realtà, Israele si è spinta oltre nella difesa preventiva della propria sicurezza. Oltre a conquistare «senza incontrare alcuna resistenza» la zona di confine sul Golan, l’Idf ha condotto una serie di raid aerei su obiettivi militari in Siria, con l’intento di distruggere o danneggiare armi, documenti o infrastrutture strategiche. Ad essere colpiti sarebbero stati in particolare depositi di armi e munizioni alla base aerea di Suwayda, un’altra base aerea nell’area di Damasco (Mezzeh) e altri siti nella regione di Daraa. Secondo fonti siriane sarebbero poi stati bombardati pure edifici dell’intelligence e degli apparati di sicurezza siriani, così come un braccio del Centro di ricerca scientifica di Sars, alle porte di Damasco.

In copertina: Benjamin Netanyahu parla dalle alture del Golan, nei pressi del confine con la Siria

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