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Bari, un vaccino personalizzato contro il tumore delle vie urinarie: è la prima volta al mondo

10 Dicembre 2024 - 08:33 Ugo Milano
La cura grazie a una combinazione con l'immunoterapia. La somministrazione permette di prevenire le recidive

Combinare un vaccino a mRNA (RNA messaggero) e immunoterapia per debellare un tumore delle vie urinarie. È questa la formula che promette a una donna di 75 anni, ricoverata al Policlinico di Bari per una forma di carcinoma uroteliale, di non andare più incontro a metastasi. La via della guarigione è stata sperimentata con successo per la prima volta al mondo nel capoluogo pugliese grazie all’intraprendenza della ricercatrice e dottoressa Mimma Rizzo. E le prospettive sono numerose.

Il vaccino “personalizzato”

Il risultato è arrivato al Policlinico di Bari che, insieme ad altri 110 centri, è coinvolto in una sperimentazione internazionale. Come riportano Corriere e Repubblica, la novità della cura applicata per la prima volta con successo alla paziente consiste nella combinazione tra un vaccino a mRNA “personalizzato” e l’immunoterapia con autogene cevumeran e nivolumab. Ma cosa significa “personalizzato”? Il meccanismo di creazione del vaccino è simile a quello utilizzato per il Covid. In sostanza: si estrae il Dna, si analizzano le mutazioni che hanno causato il tumore, il vaccino ne replica le proteine ricevendone il codice e, riconoscendole, le aggredisce. Così il vaccino è “ritagliato” sul singolo paziente in base alle singole mutazioni rilevate sul suo campione tumorale. Un altro compito, altrettanto importante e complementare, è delegato all’immunoterapia. Questa stimola il sistema immunitario così da aiutare la risposta utile a debellare il tumore.

Il caso di Bari

L’equipe che aveva in cura la donna di 75 anni ad agosto l’ha sottoposta alla resezione completa di una neoplasia dell’alta via urinaria. Per lei però il rischio di ricaduta era superiore del 50%. Quindi il suo sangue periferico e il campione prelevato è stato sottoposto a sequenziamento di nuova generazione (NGS) in modo da identificare e quantificare le mutazioni somatiche della sua neoplasia per generare molecole di RNA messaggero (mRNA) codificanti per i neoantigeni specifici del tumore della paziente. Questo tipo di carcinoma colpisce circa 30mila persone all’anno in Italia. La cura potrebbe avere quindi un impatto concreto e su larga scala.

Il cervello in fuga poi tornato

Una buona parte di questo successo è da ascrivere alla dottoressa Mimma Rizzo. La ricercatrice in oncologia medica ha origini lucane, una laurea a Napoli e un passato da professionista in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Rizzo ha deciso però di tornare al Sud: «Quando decisi di tornare nel Mezzogiorno mi scoraggiavano dicendomi che avrei fallito, che sarebbe stata un’involuzione. Ma io sono lucana e se dico una cosa quella è. E ora sono contenta non solo per il risultato scientifico conseguito dal Policlinico, ma anche perché dopo aver visto tanti pugliesi curarsi al Nord mi trovo adesso di fronte a una paziente contentissima di poterlo fare invece a pochissimi metri da casa sua», ha dichiarato.

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