Migliaia di prof precari hanno vinto i ricorsi per ottenere la Carta docente, ma il ministero non paga i risarcimenti
Giustizia a metà per i docenti precari. Per anni, migliaia di insegnanti sono rimasti esclusi dalla Carta docente, il bonus annuale di 500 euro riservato agli insegnanti di ruolo e destinato a spese in cultura e formazione. Ora, grazie a un’ondata di sentenze favorevoli, hanno finalmente ottenuto il riconoscimento dei loro diritti, con risarcimenti che hanno raggiunto anche i 5mila euro. Ma c’è un intoppo: nonostante le sentenze, il Ministero dell’Istruzione e del Merito non paga. Le cause legali hanno trovato ascolto nei tribunali di tutta Italia, dal Veneto alla Sicilia. I giudici hanno stabilito, infatti, che i precari hanno diritto alla Carta docente al pari dei colleghi di ruolo. Eppure, i risarcimenti restano una chimera. Come spiega a Open Carlo Castellana, coordinatore nazionale del sindacato Gilda, il problema è ormai sistemico: «Ci troviamo di fronte a una gestione inefficiente e gravemente costosa per lo Stato. Il Ministero ha riconosciuto la validità delle sentenze, ma non ha ancora proceduto ai pagamenti. Questo significa che i docenti vincitori devono avviare ulteriori ricorsi per ottemperanza, paralizzando i Tar con queste cause, aggravando i costi pubblici e aumentando il disagio per chi attende da più di sei mesi – il tempo limite per ottenere il risarcimento – quanto stabilito dai giudici».
L’inerzia del Ministero dell’Istruzione
Secondo il sindacalista, il ritardo potrebbe essere dovuto sia alla «mancanza di risorse umane nei dipartimenti ministeriali», sia a una volontà politica poco incisiva. «Ogni mancato pagamento costringe così i docenti a intraprendere un nuovo giudizio di ottemperanza presso i Tar, con ulteriori costi per i docenti. È come un cane che si morde la coda: ogni ricorso non rispettato genera un altro contenzioso, che lo Stato perde nuovamente». Per uscire da questa spirale, la Gilda ha richiesto un confronto con il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Castellana non ha dubbi: «Il ministro Valditara deve riconoscere la Carta docente a tutti i precari in modo sistematico, sanando gli arretrati e bloccando così i ricorsi futuri. Continuare così significa solo aumentare i costi e il caos. Non possiamo permetterci di bruciare denaro pubblico in questa maniera».
Il ciclo infinito di ricorsi
Il problema per i docenti non si limita ai ritardi nei pagamenti. Esiste una complicazione ulteriore: le sentenze non riconoscono un diritto permanente alla Carta docente, ma solo per gli anni scolastici contestati. Questo significa che per ogni docente precario che continua a insegnare, c’è la possibilità che presenti un altro ricorso per il nuovo anno di lavoro. «È un sistema che alimenta un contenzioso infinito», ribadisce Castellana. «Invece di riconoscere il diritto una volta per tutte, costringiamo i docenti a spendere tempo e denaro, mentre lo Stato si espone a costi ancora più alti con sentenze ormai copia-incolla: i docenti, infatti, continuano a vincerle tutte».