Dai selfie allo Spid, le tecniche per impedire l’accesso social ai minori di 15 anni
L’Australia ha fatto da apripista, ma sono sempre di più i Paesi nei quali si pensa di aumentare l’età minima richiesta per accedere ai social e di imporre alle piattaforme di verificare obbligatoriamente l’età dei propri utenti. Ci sono Francia e Norvegia, e c’è anche l’Italia, con una proposta di legge in esame in Commissione al Senato sostenuta da tutte le forze politiche escluso il Movimento 5 Stelle, che ha invece presentato la propria. Cosa prevede la proposta? In che modo si può effettivamente impedire a chi ha meno di 15 anni di usare i social? Open ne ha parlato con Marianna Madia, deputata del Pd prima firmataria del testo, e Stefano Zanero, esperto di cybersicurezza e docente al politecnico di Milano.
La proposta di legge: vietare i social ai minori di 15 anni
Se entrasse in vigore, il testo vieterebbe i social ai minori di 15 anni e regolamenterebbe in maniera più stringente la professione dei baby influencer. Responsabili di verificare l’età degli utenti sarebbero le piattaforme. «Al momento, nella maggior parte dei casi, per iscriversi a un social basta un’autodichiarazione nella quale si sostiene di avere almeno 13 anni. Si preme un tasto e si è dentro», commenta a Open Marianna Madia, deputata del Partito Democratico, prima firmataria della proposta di legge ed ex ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione dei governi Renzi e Gentiloni. Dunque, «l’età deve essere verificata in maniera reale e ad assumersi la responsabilità – se la verifica non funziona – devono essere le piattaforme, non i minori, né tantomeno i genitori. Come accadrà in Australia».
La dipendenza da social negli adolescenti
Alla base della proposta c’è la volontà di limitare almeno parzialmente i problemi di salute mentale che i social posso accentuare, soprattutto negli anni dell’adolescenza, oltre quella di assicurarsi che il consenso al trattamento dei dati venga dato con consapevolezza. «Nella peggiore delle ipotesi c’è il rischio di sviluppare dipendenza e depressione. Nella migliore, i ragazzi e le ragazze dormono poco, hanno problemi a concentrarsi e alla vista. Il prezzo degli smartphone è crollato negli ultimi anni. Oggi rispetto a poco tempo fa sono molti di più gli adolescenti che ne hanno uno. Spesso sono il regalo della prima comunione. Più ragazzi e ragazze usano i device e quindi un numero maggiore di loro è esposto ai rischi che comportano. Ci sembra che 15 anni sia un’età più adatta di 13 come limite», commenta Madia.
I social e la salute mentale dei giovani
Si tratta peraltro di effetti di cui le piattaforme sono già a conoscenza. Sia TikTok sia Meta hanno prodotto report in cui vengono evidenziati i potenziali problemi di salute mentale dei propri utenti più giovani. Per questo, il social della cinese ByteDance ha reso noto che certi filtri di bellezza non saranno più disponibili ai minori di 18 anni, mentre Meta ha chiesto che l’Unione Europea trovi il prima possibile un quadro comune di regole sull’età minima e come verificarla che valga per tutte le app. Inoltre, la società madre di Instagram, Facebook e WhatsApp, ha introdotto un una funzione che permette di verificare l’età degli utenti di Instagram a cui è seguito il lancio degli account specifici per teenager, che attualmente non sono ancora disponibili in Europa.
La verifica dell’età su Instagram, TikTok e YouTube
La necessità di un controllo è evidente, ma come può essere effettuato? La proposta di legge demanda al Garante della Privacy stabilire delle modalità. Ma già oggi esistono delle prassi definite e in certi casi già adottate dalle piattaforme. Se ne trova riscontro nelle politiche di verifica dell’età di TikTok, Meta, Instagram, e YouTube e in un documento del Parlamento Europeo che riassume i metodi più comuni. Guardando ai social preferiti degli adolescenti italiani, escluso WhatsApp, si scopre che al momento dell’iscrizione:
- Instagram chiede un’autodichiarazione. Se si dichiara di essere maggiorenni, in alcuni Paesi è necessario effettuare una verifica dell’età.
- TikTok chiede un’autodichiarazione. Se a causa dell’uso che un utente fa dell’app o di segnalazioni ricevute ritiene che sia necessario, può chiedere una verifica dell’età dichiarata.
- YouTube è ad accesso libero ma blocca i contenuti per minori a chi non verifica la propria età.
Non tutte le funzioni sono disponibili in tutti i Paesi, e raramente vengono utilizzate quando un utente si iscrive, ma possono entrare in atto successivamente.
Come verificare l’età sui social
Di seguito invece i principali metodi con cui si può verificare la propria età e i social che li utilizzano.
- Autodichiarazione (Instagram, TikTok): il primo ostacolo è un’autodichiarazione. Normalmente si tratta di una semplice casella da spuntare per indicare che si ha almeno una determinata età, a prescindere dalla veridicità di quanto si dichiara.
- Documento d’identità (TikTok, YouTube, Instagram): tramite una scansione del documento e una foto dell’utente, la piattaforma verifica l’identità della persona e dunque l’età. Non garantisce l’anonimato.
- Carta bancaria: (YouTube, TikTok): se ne possiede una, l’età di un utente può essere verificata con una piccola transazione su una carta bancaria.
- Analisi del viso a partire da un selfie (Instagram, TikTok): il sistema prevede che l’intelligenza artificiale analizzi una foto dell’utente alla ricerca di segnali biometrici da cui dedurre l’età.
- Analisi dell’uso che l’utente fa del social (TikTok): tracciando il comportamento degli utenti, le piattaforme possono trarre conclusioni sulla loro età.
- Vouching (TikTok, Instagram): un adulto, tendenzialmente un genitore, garantisce che l’utente ha l’età adeguata a usare il social.
- Verifica offline: un metodo che non viene utilizzato da nessuna delle grandi piattaforme è la verifica offline. L’utente si reca in un luogo fisico e lì mostra la propria carta d’identità a un funzionario che in cambio fornisce un codice di sblocco del social.
- Identità digitale: un sistema di identità digitale come lo Spid condivide con la piattaforma solo l’età dell’utente, potenzialmente garantendo l’anonimato.
- Servizio esterno di verifica dell’età: (YouTube, Instagram) in maniera simile a come avviene con l’identità digitale, le piattaforme possono rivolgersi a un servizio esterno per la verifica dell’età. In questo modo, è possibile condividere con il social solo i dati strettamente necessari.
Il problema dell’anonimato
L’uso di questi sistemi lascia scettico Stefano Zanero, esperto di cybersicurezza e docente al Politecnico di Milano perché con molti di essi, ad esempio fornendo la propria carta d’identità, «diventa impossibile garantire l’anonimato degli utenti. In pratica si costringono i minori a consegnare alle piattaforme il loro nome e cognome».
Basta una Vpn e si saltano i controlli
«Ma c’è un problema ancor più grande: finché questi sistemi di verifica saranno su base nazionale o europea, gli utenti potranno sempre fare ricorso alle Vpn: dei servizi che consentono di navigare online come se ci trovasse in un altro Paese. Così, basta fingere di collegarsi a internet da un Paese dove queste regole non valgono, e si vanifica lo sforzo legislativo. Se la legge entrerà in vigore, non possiamo escludere che nel giro di poche ore sui forum online fioccheranno centinaia di guide su come usare una Vpn», commenta l’esperto a Open.
Educazione fin dalle elementari
«Ad ogni modo – prosegue Zanero – i sistemi migliori sono quelli che prevedono la verifica dell’età tramite un servizio esterno, così da garantire l’anonimato a chi li usa. La tentazione di bypassarli potrebbe essere comunque forte, anche perché entra in gioco il gusto del proibito, un po’ come quando i ragazzini studiano gli escamotage per comprare le sigarette. Ma assieme a un controllo da parte dei genitori, e soprattutto a un programma di educazione che insegni fin dalle elementari come evitare i rischi del mondo online, le verifiche dell’età potrebbero effettivamente ridurre il numero di adolescenti che sono esposti ai danni delle piattaforme social».
L’inizio di un percorso
Anche Madia riconosce la difficoltà e traccia un parallelo con la lotta al fumo. «Nella legge non indichiamo con quali tecniche verificare l’età perché la tecnologia si muove più in fretta della macchina legislativa. L’obiettivo è iniziare un percorso. Un po’ come quello che partì con la legge Sirchia che nel 2003 vietò di fumare negli ambienti chiusi. Non è detto che sia sempre rispettata, ma è cambiata la sensibilità. Ora chi entra in un locale pieno di fumo passivo quantomeno ci fa caso», conclude.
Foto di copertina: Ron Lach / Pexels