Calenzano, il deposito Eni finisce sotto sequestro. L’ipotesi sulla causa dell’esplosione: «Lavori ai tubi durante il carico delle autobotti»
Il deposito Eni di Calenzano è stato messo sotto sequestro dalla procura di Prato nell’ambito dell’inchiesta aperta in seguito alla violenta esplosione che il 9 dicembre ha squassato l’impianto uccidendo cinque persone. Il deposito è in queste ore oggetto di sopralluoghi per capire cosa abbia causato la deflagrazione nei pressi delle pensiline di rifornimento delle autobotti e per questo tutta l’attività di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione dei carburanti è stata interrotta. Prosegue, invece, quella di smaltimento delle acque potenzialmente inquinanti, come fatto sapere all’Ansa da una fonte vicina alle indagini.
Manutenzione straordinaria durante il carico
I primi rilievi mettono in luce che al momento dell’esplosione, nell’impianto era in corso una manutenzione straordinaria a macchinari e impianti che per anni sarebbero stati negletti. Inoltre, dall’inchiesta emerge che un dipendente del deposito avrebbe notato un’anomalia pochi secondi prima dell’esplosione. Secondo quanto riferisce il pm di Prato Luca Tescaroli, il lavoratore avrebbe notato un malfunzionamento mentre, durante la fase di carico di un autobotte, alcuni operai lavoravano sui tubi. Il dipendente ha dato l’allarme ed è fuggito subito dopo, riuscendo così a salvarsi. Pochi secondi dopo, la deflagrazione ha sfondato i vetri delle finestre degli edifici vicini e provocato un incendio da cui si sono levati fumi tossici. La segnalazione non è l’unica. Secondo una lettera scritta da una delle vittime all’inizio di ottobre, nel deposito si verificavano «continue anomalie sulla base di scarico».
L’allarme di It Alert un’ora dopo l’esplosione
Non è stato altrettanto tempestivo l’allarme di It Alert, con cui i residenti delle zone circostanti sono stati avvisati della nube tossica e invitati a non avvicinarsi all’impianto. L’esplosione si è verificata alle 10.20, ma il messaggio ai cittadini non è arrivato prima delle 11.25. «ALLARME PROTEZIONE CIVILE Ore 11:25 Incidente nell’impianto industriale Eni sta con presenza di sostanze pericolose, nel Comune di Calenzano (Firenze). Via Erbosa n. 29. Trova riparo al chiuso e non avvicinarti all’impianto. Tieniti aggiornato e segui le indicazioni delle Autorità», si leggeva nel messaggio.
Gli avvertimenti nel 2020: «Se scoppia spacca l’Italia»
Sono ancora molti i dubbi da chiarire sulla dinamica che ha portato alla tragedia. L’impianto era da tempo sotto osservazione a causa della sua natura e della sua posizione. Secondo l’Arpa Toscana, il deposito rientrava nella lista di stabilimenti considerati a rischi rilevante di incidente. Già nel 2020 la cooperativa Medicina Democratica aveva messo in evidenza la pericolosità dei vapori che si levavano dall’impianto che l’associazione metteva in correlazione con l’alta mortalità in eccesso nella zona. Altre preoccupazioni espresse riguardavano l’inquinamento delle acque e la posizione del deposito, molto vicino ai caseggiati circostanti e un centro commerciale. Una serie di peculiarità che avevano spinto Medicina Democratica a sostenere che «un’esplosione avrebbe spaccato l’Italia»