Stellantis, la crisi dell’indotto auto è solo rimandata: «Nel 2025 a rischio migliaia di posti di lavoro»
La revoca dei licenziamenti collettivi da parte di Trasnova, azienda della logistica con sede a Frosinone, sembra aver scongiurato un effetto domino della crisi di Stellantis sulle aziende dell’indotto. Il colosso della famiglia Agnelli-Elkann – guidato, fino a poche settimane fa, da Carlos Tavares – è alle prese con dati di vendita sempre più deludenti, che rischiano di far sentire tutto il proprio peso non solo su Stellantis, ma anche su tutte quelle aziende che le gravitano attorno. A preoccupare sono soprattutto due fattori. In primo luogo, i numeri sulla produzione di veicoli in Italia, che nel 2024 raggiungerà uno dei livelli più bassi degli ultimi decenni. E poi c’è da fare i conti con gli ammortizzatori sociali in scadenza nei prossimi mesi. Nel corso del 2025, infatti, scadrà la cassa integrazione per molti lavoratori del settore auto – sia di Stellantis sia dell’indotto – che rischiano dunque di rimanere senza stipendio. «C’è il rischio concreto che la vicenda di Trasnova sia solo il primo atto di una nuova fase costellata di crisi», spiega a Open Samuele Lodi, segretario Fiom Cgil responsabile per il settore automotive.
I licenziamenti di Trasnova annunciati e revocati
Riavvolgendo il nastro di quanto accaduto negli ultimi mesi, è Trasnova finora l’azienda che più ha rischiato di essere travolta dalla crisi di Stellantis. A novembre, l’azienda laziale di logistica ha annunciato che avrebbe lasciato a casa 97 dipendenti attualmente operativi nelle fabbriche del colosso automobilistico, di cui 1 a Melfi, 28 a Cassino, 54 a Pomigliano e 14 a Mirafiori. Lo stesso hanno fatto altre due aziende che lavorano in subappalto per Trasnova. Logitech, azienda di servizi che gravita sempre nell’indotto di Stellantis, ha annunciato 101 licenziamenti, di cui 46 a Melfi, 5 a Cassino e 50 a Pomigliano, mentre Tekno Service ha fatto sapere che avrebbe lasciato a casa 51 dipendenti, di cui 36 a Melfi e 15 a Cassino.
La vertenza Trasnova – che coinvolge complessivamente 249 lavoratori – è finita sotto i riflettori della politica nazionale, con i due principali leader dell’opposizione – Elly Schlein e Giuseppe Conte – che hanno fatto visita ai lavoratori di Pomigliano d’Arco per mostrare loro solidarietà. Alla fine, aziende, governo e sindacati sono riusciti a trovare un accordo che salva, almeno per ora, i 259 lavoratori destinatari delle lettere di licenziamento. L’intesa prevede innanzitutto due novità: l’impegno da parte di Stellantis di prorogare gli ordini per altri dodici mesi – ossia fino a dicembre 2025 – e l’impegno da parte di Trasnova di revocare tutti i licenziamenti. Un esito senz’altro positivo, accolto con favore anche dagli stessi lavoratori, ma che non mette la parola fine su una vicenda che, per ora, è stata solo congelata.
Le altre vertenze sindacali in corso
Per una vertenza che si chiude, ne restano però molte altre ancora in corso. È il caso, per esempio, della multinazionale giapponese Yazaki, che in seguito alla cancellazione degli ordini da parte di Maserati ha annunciato che licenzierà 52 lavoratori dei 75 che attualmente lavorano nella sede di Grugliasco (Torino). E sempre nel capoluogo piemontese, si continua a discutere dei circa 400 esuberi annunciati tempo fa da Lear, azienda che produceva sedili per Maserati. La prospettiva più plausibile, al momento, è la chiusura della fabbrica e la proroga di un altro anno della cassa integrazione. Come nel caso di Trasnova, insomma, la situazione è stata congelata ma non è affatto risolta. Seppur non riconducibile direttamente a Stellantis, c’è poi un’altra azienda della componentistica su cui si è aperta una vertenza sindacale. Si tratta della Edim Bosch, che di recente ha annunciato 160 esuberi, di cui 120 nello stabilimento di Villasanta (Monza Brianza) e 40 a Quero (Belluno).
Cala a picco la produzione di Stellantis
All’origine di tutti questi licenziamenti c’è un semplice dato di fatto: in Italia si producono sempre meno automobili. Secondo un rapporto della Fim-Cisl, nei primi tre mesi del 2024 Stellantis ha prodotto 237.700 autovetture e 149.900 veicoli commerciali. Complessivamente, significa che da gennaio a settembre sono stati prodotti 387.600 veicoli, in calo del 31,7% rispetto ai primi nove mesi del 2023. Se il trend – come appare praticamente scontato – dovesse essere confermato anche negli ultimi mesi dell’anno, Stellantis chiuderebbe il 2024 ben al di sotto di quota 500mila veicoli. Una cifra lontana anni luce dagli obiettivi del governo, che ha chiesto all’azienda della famiglia Agnelli-Elkann di raggiungere una produzione annua di un milione di veicoli entro il 2030. Il calo della produzione è stato certificato anche dall’Istat, che proprio nei giorni scorsi ha diffuso i dati relativi ai primi nove mesi del 2024: da gennaio a settembre gli autoveicoli prodotti – una categoria che comprende anche autobus, camion, camper, trattori e autogru – sono diminuiti del 40.4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Assieme alla produzione, anche il numero di dipendenti è calato. Negli ultimi tre anni, la forza lavoro di Stellantis è passata dai 52.700 lavoratori di gennaio 2021 ai 42.500 di dicembre 2023. Una riduzione del personale di circa il 20%, che l’azienda ha raggiunto tramite i cosiddetti «accordi di separation», ossia uscite incentivate. Tra chi è rimasto in fabbrica, non tutti hanno continuato a lavorare. Alcuni stabilimenti di Stellantis, a partire da quello di Mirafiori, hanno sospeso la produzione fino al prossimo anno, con gli operai che sono stati messi in cassa integrazione. Dal 2021 al maggio 2024, scrive Rita Querzè sul Corriere, la spesa per gli ammortizzatori sociali di Stellantis ha sfiorato il miliardo di euro, con 280 milioni a carico dell’azienda e 700 milioni in capo all’Inps.
La fine degli ammortizzatori sociali nel 2025
Secondo i sindacati, ciò che sta accadendo in queste settimane nelle aziende dell’indotto di Stellantis rischia di essere solo un antipasto di ciò che potrebbe succedere nel 2025. «Come Fiom stiamo facendo un’analisi molto attenta su ciò che ci potrebbe attendere. Il lavoro è ancora in corso, ma stimiamo che nei primi mesi del 2025, in attesa di interventi del governo, rischieranno il posto oltre 4mila lavoratori della componentistica», avverte Samuele Lodi. Il rappresentante della Fiom Cgil ricorda che «è da almeno due anni» che i sindacati chiedono al governo azioni urgenti per scongiurare una crisi del settore auto. Il governo ha risposto convocando il tavolo sull’automotive al Mimit, che ad eccezione di Trasnova ha prodotto ben pochi risultati.
Il tema più urgente in vista del 2025 riguarda gli ammortizzatori sociali in scadenza per decine di migliaia di lavoratori del settore automotive, sia di Stellantis che dell’indotto. «Tutti gli stabilimenti Stellantis ne stanno facendo uso: alcuni di più, altri di meno», osserva Stefano Boschini, coordinatore nazionale del settore auto della Fim Cisl. La prima fabbrica dove scadrà la cassa integrazione (a febbraio) è Pratola Serra, in provincia di Avellino, cui seguirà poche settimane più tardi anche lo stabilimento di Cassino. «La proroga degli ammortizzatori sociali è in capo alla Legge di Bilancio. Come sindacato stiamo facendo pressione affinché si acconsenta a un uso più prolungato, così da superare questa fase critica per il settore», spiega ancora Boschini.
Il pressing dei sindacati su Giorgia Meloni
Martedì 17 dicembre ci sarà invece un nuovo tavolo fra governo, aziende e sindacati sul futuro dell’automotive. «Non è più pensabile affrontare questa discussione al Mimit. Mettere toppe qua e là non risolve il problema», incalza ancora Samuele Lodi, facendo eco alla richiesta che da settimane avanza anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. La richiesta dei sindacati è di spostare il confronto a Palazzo Chigi, così da dialogare direttamente con la premier Giorgia Meloni. «Stellantis deve presentare un vero piano industriale per l’Italia, mentre alle istituzioni chiediamo più risorse, sia nazionali che europee, che vanno date alle aziende solo in cambio di garanzie occupazionali e produttive. La transizione – conclude il sindacalista della Fiom Cgil – non va rallentata, come chiedono alcuni. Semmai, va resa socialmente sostenibile».
In copertina: Lo stabilimento di Stellantis a Mirafiori, Torino, 17 ottobre 2024 (ANSA/Alessandro Di Marco)