Fabio Volo prima di incontrare i libri era un ragazzo svantaggiato: «E ho fatto un salto nel buio»
Fabio Volo torna in libreria con Balleremo la musica che suonano (Mondadori). La storia di un ragazzo che si sentiva nel posto sbagliato ed è andato a cercarne un altro. Con l’edizione torinese del Corriere della Sera spiega che il titolo viene da «una frase che mi ripeteva sempre mio padre. È una metafora per dire che balleremo, prenderemo, ciò che la vita ci darà». Queste parole, spiega, «un tempo mi innervosivano tantissimo. Invece è una frase molto saggia e l’ho sposata adesso che sono grande. È inutile cercare di tenere tutto sotto controllo, puoi darti un po’ una direzione ma la vita va dove vuole andare».
Molto fortunato
Anche lui ha ballato la musica che voleva: «Sono stato molto fortunato». E spiega: «Scrivere una storia che hai vissuto significa descriverla. In questo è più facile. La difficoltà sta nel quanto ti vuoi dare e quanto ti vuoi tenere. Per esempio, c’è una situazione familiare: fino a che punto posso darla in pasto a tutti? Quanto posso parlare dei miei figli? Quanto deve rimanere una cosa tra me, mio padre, mia madre e mia sorella?». Con il libro vuole «lasciare una testimonianza di tutte le difficoltà che ha vissuto un ragazzino di 16/17 anni che partiva da una condizione svantaggiata e che poi ha incontrato dei libri». Dove ha trovato «storie che mi dicevano di seguire il mio sentire, un mio istinto».
Un salto nel buio
Dice che era l’unico della sua famiglia e dei suoi amici a voler fare un salto nel buio: «È vera la frase di Dante: “Se tu segui la tua stella non puoi fallire”. Fidatevi dei libri». La sua rivelazione fu «Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse, perché era proprio il libro giusto nel momento giusto. Magari non il più bello che ho letto, ma fu il più potente. Il tema è che cerchi senza sapere cosa stai cercando e, quando lo trovi, capisci che cercavi proprio quella cosa lì». Sui soldi: «Da giovane mi vergognavo perché non li avevo. Poi, mi sono vergognato perché li avevo fatti. Adesso, se mi chiedi: sei ricco? Dico di sì, non mi vergogno più. Ho fatto vari percorsi per arrivarci».
L’accettazione
Quello che gli è servito di più è «L’accettazione. Non sei né meglio né peggio degli altri, ognuno ha il suo percorso». E nel libro c’è molto del padre: «È mancato da dieci anni ma lo conosco meglio oggi di quando era vivo. Cosa puoi capire quando sei piccolo del lavoro, delle separazioni, della vita… più sei piccolo più ne vedi solo un pezzo. Da quando sono padre, mio padre lo conosco sempre di più. Lo sento addosso come mai prima. Ed è affascinante quanto l’amore stia proprio fuori dallo spazio e dal tempo. No?».