La Siria dopo Assad: il futuro delle basi russe, l’abbandono della droga di regime Captagon. Al-Jawlani: «I curdi sono parte integrante del Paese»
Mentre le foto satellitari sembrano mostrare la smobilitazione delle forze russe dalle basi militari in Siria e le milizie che hanno cacciato Bashar al Assad mostrano al mondo, oltre alle prigioni delle torture, anche le fabbriche della droga di regime che costituiva larga parte del bilancio dello Stato, il leader degli ex ribelli Hayat Tahrir al-Sham (Hts) – ora padroni del Paese – chiariva una volta di più quale futuro immagina per la Siria. Dopo la sconfitta quasi senza combattimenti dell’esercito regolare, ultimo (in ordine cronologico) capitolo di una guerra civile iniziata 13 anni prima, i vicini, gli alleati e le altre potenze si interrogano su cosa sarà ora di Damasco. Quale futuro per un Paese dall’economia disastrata, una popolazione in diaspora, decine di gruppi armati, anche stranieri, che per oltre un decennio hanno combattuto il regime e si sono combattuti tra loro. E ora quasi tutti dietro ad Abu Mohammed al-Jawlani, nome da combattimento di Ahmad Sharaa, leader del gruppo jihadista Hts. Un uomo di al Qaeda, da cui si è distanziato per rifiutarne la propaganda più violenta e ha iniziato a tessere rapporti diplomatici con tutte o quasi le potenze regionali, prima di sferrare l’attacco decisivo ad Assad. Da giorni al-Jawlani ripete parole pacificatorie, concilianti, rassicuranti. Come quelle sui curdi che faranno a tutti gli effetti parte della nuova Siria, un inedito per un popolo che storicamente non ha terra: «I curdi fanno parte della patria e, come noi, sono stati oppressi dal precedente regime. Con la caduta del regime, questa oppressione sarà eliminata. Se Allah vuole, i curdi saranno parte integrante dello Stato. Tutti riceveranno i loro diritti secondo la legge», ha detto Sharaa, come riporta il canale israeliano Abu Ali Express. Se manterrà le promesse, è tutto da vedere.
Il futuro delle basi russe di Tortus e Hmeimim
Da giorni ci si interroga anche sul futuro dell’influenza russa sul Paese. Mosca ha a lungo sostenuto il regime di Assad consentendone, insieme all’appoggio dell’Iran e del Libano, la sopravvivenza. E lo ha fatto anche, se non principalmente, per avere un piede ben piantato nel mar Mediterraneo. Nei giorni concitati dell’avanzata delle milizie anti governative, alcune fregate e almeno un sottomarino sono salpati da Tartus e sono rimasti al largo. All’inizio si pensava fosse una esercitazione ma più probabilmente Mosca ha voluto prevenire rischi e incidenti. Ora le foto satellitari mostrano un paio di A124, grandi cargo capaci di trasportare mezzi e materiali pesanti come spiega Guido Olimpo sul Corriere della Sera, nella base di Hmeimim, regione di Latakia, 60 chilometri a nord di Tartus. Pronti alla smobilitazione? Fonti russe fanno sapere a Reuters che per ora non c’è nessuna intenzione di abbandonare l’area, ma anzi di garantirne l’operatività. E al-Jawlani d’altra parte ha fatto sapere di aver intenzione di dialogare con tutte le forze coinvolte nel Paese, Russia compresa.
Captagon, la droga di regime
C’è poi un altro punto che il leader Hts ha già affrontato e di cui si parla in questi giorni. Per anni il regime di Assad ha chiuso un occhio, quando non contribuito direttamente, sulla produzione di Catpagon. Una droga eccitante, la cocaina del terrorista. Venduta nel mondo arabo a 10 dollari a pastiglia e in Europa tra i 15 e i 20. Realizzata con l’acido folico dalla Germania, quintali di un antistaminico come la difenidramina e di caffeina dall’India, sacchi di lattosio dalla Polonia, spiega Andrea Nicastro sul Corriere, in stabilimenti sotto copertura. Un ricco mercato capace di generare profitti tra i 5 e i 30 miliardi l’anno. In un Paese come la Siria che dai 60 miliardi di Pil pre guerra era sceso sotto i 10 miliardi di dollari annui. Ma aveva cannibalizzato le piazze di spaccio di Catpagon, coprendo circa l’80% della richiesta. «Il dittatore Assad ha lasciato che la Siria diventasse il centro di produzione mondiale del Captagon, ma da adesso in poi voltiamo pagina», ha promesso al-Jawlani. Una mossa che attira le simpatie dei vicini del Golfo. E apre agli aiuti internazionali.
Foto di copertina: EPA/MOHAMMED AL RIFAI | Una fabbrica di Captagon che i miliziani di Hts hanno annunciato di aver trovato dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria