Il governo si rimangia l’aumento degli stipendi dei ministri: «Ritiriamo l’emendamento, ma era giusto»
Il governo ha deciso di ritirare l’emendamento alla manovra che proponeva di equiparare gli stipendi di ministri e sottosegretari non eletti in Parlamento a quelli che invece lo sono. Lo ha annunciato in serata il ministro della Difesa Guido Crosetto. «Abbiamo chiesto ai relatori di ritirare l’emendamento per evitare inutili polemiche. Quello che non sarebbe comprensibile per nessuna altra professione e cioè che due persone che fanno lo stesso lavoro, nella stessa organizzazione, abbiano trattamenti diversi, per chi fa politica deve essere messo in conto», ha detto Crosetto, tentando così di mettere la parola fine a una proposta che aveva provocato un vespaio di polemiche, diventando un boomerang per il governo. L’emendamento, se approvato, avrebbe portato a un aumento di 7.193,11 euro dello stipendio mensile per 17 componenti dell’attuale governo a partire dal 2025 – tra diaria e rimborsi – senza contare 1.200 euro per le spese telefoniche e i rimborsi di viaggi. Risorse che si sarebbero sommate ai 10.435 euro lordi che gli interessati già percepiscono. Tra i ministri, ne avrebbero beneficiato i non eletti: lo stesso Guido Crosetto e Andrea Abodi, Carlo Nordio e Giuseppe Valditara, Alessandro Giuli e Matteo Piantedosi, Orazio Schillaci e Alessandra Locatelli. Intanto aumentano la tassa d’imbarco per gli aerei e le tasse per i giochi online. E il concordato è un flop.
L’amarezza di Crosetto
«È assurdo lasciare anche solo un secondo di più di spazio alle polemiche sull’emendamento che parificava tutti i ministri e sottosegretari non parlamentari, ai deputati, riconoscendo i rimborsi spese», ha osservato ancora Crosetto. «È così da oltre due anni e continuerà così fino a fine legislatura. La cosa è giusta? Non penso, perché non ha particolare senso che il ministro degli interni o della Difesa debbano avere un trattamento diverso rispetto ad un loro sottosegretario, ma non è mai importato finora, né a me né ai miei colleghi. Per questo motivo abbiamo chiesto ai relatori di ritirarlo ed evitare inutili polemiche». Una retromarcia forzata, dunque, e con l’amaro in bocca.