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«Jordan Jeffrey Baby fu abusato dal compagno di cella prima di suicidarsi»

16 Dicembre 2024 - 09:30 Ugo Milano
trapper-Jordan-Jeffrey-Baby
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La procura aveva chiesto l'archiviazione del caso. Il gip si è opposto e ha ordinato l'imputazione coatta per violenza sessuale

È stato riaperto il fascicolo d’indagine su Jordan Tinti, il giovane di Bernareggio – noto con il nome d’arte di Jordan Jeffrey Baby – morto suicida in carcere a 26 anni il 12 marzo 2024. Luigi Riganti, gip del tribunale di Pavia, ha riaperto l’inchiesta e ordinato l’imputazione coatta per il compagno di cella del giovane. La procura aveva chiesto l’archiviazione del caso, incontrando però l’opposizione dell’avvocato difensore Federico Edoardo Pisani. Nei giorni scorsi, quest’ultimo si è visto accogliere la propria richiesta dal tribunale lombardo.

La violenza sessuale e il suicidio in cella

Secondo quanto riporta il Corriere Milano, Tinti sarebbe stato abusato in carcere dal compagno in cella, un cinquantenne della provincia di Alessandria. L’uomo andrà a processo per il reato di violenza sessuale. Dalle ricostruzioni degli inquirenti è emerso che il 50enne avrebbe somministrato al giovane una dose di quetiapina, un farmaco anti psicotico, forse con l’obiettivo di stordirlo. Durante il sonno, ha raccontato un terzo compagno di cella, l’uomo avrebbe abusato di Tinti cominciando a toccarlo con insistenza e a lungo nelle parti intime. Il 26enne si sarebbe svegliato, prima urlando e poi chiedendo aiuto all’agente della polizia penitenziaria che era di turno quella notte. Il giorno successivo, avrebbe presentato querela.

Chi è Jordan Tinti

Il 12 marzo 2024 Jordan Tinti viene trovato impiccato in cella. La sua morte è subito ricondotta a suicidio, ma la procura decide comunque di aprire un’inchiesta, su pressione anche del padre del ragazzo, che chiede di fare piena luce sull’accaduto. Noto con il nome d’arte di Jordan Jeffrey Baby, il 26enne era finito in carcere con una condanna a quattro anni e mezzo per rapina con l’aggravante dell’odio razziale. Assieme a lui è finito in prigione anche il trapper romano Giancarlo Fagà, detto «Traffik».

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