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Arrestato con l’accusa di aver ucciso la compagna, il giorno prima era seduto sulla panchina in sua memoria: «Padre, possiamo farla rossa?»

17 Dicembre 2024 - 10:01 Ugo Milano
KAI DAUSEL SILVIA NOWAK
KAI DAUSEL SILVIA NOWAK
Il gip valuterà se convalidare il fermo. Silvia Nowak è stata uccisa il 15 ottobre e poi bruciata dietro la casa della coppia nel Cilento

Domenica 15 dicembre, Kai Dausel, 62 anni, era seduto sulla panchina in memoria della sua compagna: Silvia Nowak il cui corpo è stato ritrovato carbonizzato a metà ottobre nella pineta alle spalle dell’abitazione della coppia. Il giorno dopo è stato arrestato con l’accusa di essere lui l’omicida di Silvia. Nowak, 53 anni, era scomparsa il 15 ottobre dalla casa dove viveva con Dausel a Ogliastro Marino, frazione di Castellabate (Salerno). Ci sono voluti tre giorni prima che il suo corpo venisse ritrovato, parzialmente bruciato, nella pineta dietro l’abitazione. Silvia è stata uccisa, e il suo assassino le ha dato fuoco. È questa l’ipotesi della procura di Vallo Lucano che ha inserito Kai tra gli indagati.

La foto sulla panchina per la compagna

Domenica scorsa, un’associazione locale ha organizzato un piccolo ritrovo per svelare la panchina, fatta costruire in memoria della donna, di origini tedesche come il compagno. «Non lasciarla vuota, siediti e pensa», si legge sullo schienale della panchina. Nonostante non fosse stato ufficialmente invitato dai promotori dell’iniziativa, Kai c’era e si è fatto fotografare seduto, di fianco a un mazzo di fiori e due lumini da lui deposti poco prima. «Spero sia fatta giustizia. Chiedo uno sforzo maggiore per arrivare alla verità», ha dichiarato Dausel ai presenti.

La dinamica dell’omicidio

Secondo le ricostruzioni, il 15 ottobre, Silvia si era allontanata da casa intorno alle 16. Le coppia aveva avuto ospiti a pranzo che erano andati via un’ora prima. Kai sostiene che mentre la compagna usciva lui dormiva. Intorno alle 18 si sarebbe svegliato, dando l’allarme. Passano tre giorni e il cadavere viene ritrovato, parzialmente carbonizzato. Ci sono tagli sulla gola e sul bacino. La testa è stata colpita con un oggetto contundente. È stata uccisa il giorno della scomparsa, nel luogo dove è stato trovato il corpo. Poi l’assassino le ha dato fuoco. Una volta commesso il delitto, il killer dalla particolare «conformazione fisica» è entrato nella casa della vittima dall’ingresso sul retro, dove ha lasciato una traccia di sangue, e vi è rimasto per circa due ore. Così si vede dalle videocamere di sorveglianza.

La panchina rossa come nei femminicidi

Secondo la procura, quell’uomo è Kai Dausel. Gli investigatori ipotizzano che i due tedeschi trasferitisi in Cilento non stessero vivendo un buon momento, soprattutto per ragioni economiche. Secondo chi indaga, a carico dell’uomo «convengono fortissimi elementi» che hanno portato alla decisione del fermo che dovrà essere eventualmente convalidato dal giudice per le indagini preliminari. C’è un dettaglio che spicca. L’associazione aveva scelto di colorare la panchina di bianco. Un colore scelto perché è certo che quello di Silvia sia stato un femminicidio. Ma Kai aveva chiesto di colorarla di rosso, come invece si fa nei delitti di quel tipo. La richiesta dell’uomo era arrivata direttamente al parroco locale: «Buonasera padre. Una domanda veloce: perché la panchina non può essere rossa?», riporta La Repubblica.

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