La difficile risalita di Ottavia Piana, la speleologa bloccata nell’Abisso Bueno Fonteno: 50 metri all’ora, lunghe pause, esplosivo e anestesia
Procede con estrema attenzione, e lentezza, l’operazione di soccorso di Ottavia Piana, 32enne Bresciana di Adro, caduta da un’altezza di sei metri mentre si trovava nelle profondità dell’Abisso Bueno Fonteno con una squadra di speleologi. Un dedalo di passaggi e cunicoli, per la maggior parte inesplorati, che si estende per chilometri nelle profondità della Terra, oltre 500 metri sotto la superficie. Dai soccorritori arriva però nella serata di martedì 17 dicembre una insperata sorpresa. Secondo il Soccorso alpino, a differenza di quanto predetto in precedenza, la speleologa potrebbe essere liberata già questa notte, «entro 3-4 ore». Con oltre 24-30 ore di anticipo rispetto a quanto ipotizzato fino al pomeriggio. «Entro circa 3-4 ore la barella con l’infortunata potrebbe essere fuori dalla grotta. L’ultimo tratto è stato percorso più velocemente del previsto, grazie ai tratti disostruiti in precedenza e per la valutazione dei sanitari di evitare soste prolungate. Lo stesso tratto, lo scorso anno durante l’intervento, era stato percorso in circa 12 ore», fanno sapere i soccorritori. Potrebbero infatti essere necessarie meno pause, e meno lavoro per ampliare il cunicolo ma «si tratta di una stima soggetta alle condizioni sanitarie dell’infortunata». Piana, già vittima di un incidente simile quasi un anno e mezzo fa, è una speleologa esperta che negli ultimi anni quasi ogni fine settimana ha dedicato la sua vita all’esplorazione di questa cavità con l’obiettivo di mapparla, anche per ragioni scientifiche. «Le ricerche che lei e il suo gruppo stanno conducendo non sono solo un’impresa sportiva ma rappresentano un contributo fondamentale alla mappatura del sottosuolo e all’analisi di risorse vitali come l’acqua che beviamo», ha spiegato al Corriere Sergio Orsini, presidente della Società speleologica italiana.
Ottavia Piana, come procede l’operazione di soccorso
Ottavia Piana è caduta intorno alle 18 di sabato 14 dicembre. Quattro ore hanno impiegato i compagni a risalire in superficie e dare l’allarme. Da quel momento sono partite le operazioni di soccorso. Un centinaio le persone coinvolte, una ventina quelli che scendono a Bueno Fonteno e conducono lentamente la barella fuori dal labirinto, una settantina fuori dalla grotta che coordinano le operazioni e già hanno predisposto l’area per il trasferimento, in elisoccorso, in ospedale, quando la speleologa sarà fuori. Le operazioni procedono lentamente per una serie di ragioni. In primo luogo, è così che si opera durante i soccorsi in profondità. È un ambiente ostile e pericoloso, poco incline a perdonare errori. In secondo luogo, Piana è ferita: ha fratture sul viso e sulle gambe, causate dalla caduta. È avvolta in coperte termiche e stabilizzata alla barella, ma per trasportarla riducendo al minimo il dolore sono diversi gli accorgimenti da prendere. È seguita da personale medico e sanitario, che a scadenza regolare controlla le sue funzioni vitali nell’involucro in cui è protetta. Dopo ogni ora e mezza di tragitto, bisogna fermarsi per circa un’ora per consentire alla 32enne di riposare e riprendere forza, così come ai soccorritori che si alternano nelle operazioni.
Incidente Bueno Fonteno, l’alimentazione e la sedazione della speleologa
Per alleviare il dolore, nei momenti di maggiore stress, un anestesista si occupa di sedarla con punture locali. Mentre viene alimentata con gel energetici e costantemente seguita. Piana, che quei cunicoli conosce bene, sta rispondendo bene alle cure ed è d’aiuto a chi la sta portando in superficie. «Stazionaria, umore ottimo, tutto sta procedendo bene», assicura Corrado Camerini, medico e delegato del Soccorso alpino e speleo per la Lombardia, «speriamo di portarla fuori domani sera, dobbiamo fare delle soste perché ha bisogno di recuperare». Fino al pomeriggio del 17 dicembre, si era ipotizzato che potessero volerci ancora circa 30-40 ore per concludere il percorso di 4 chilometri, quindi non prima di mercoledì notte.. «È una macchina da guerra, superpositiva e incoraggia pure noi», dice Stefano Mancardi del Soccorso alpino di Cuneo, che sta partecipando alla macchina dei soccorsi. La temperatura nell’Abisso è stazionaria, intorno agli 8 gradi con umidità molto alta, ma a rendere impervio il tragitto sono gli spazi ridotti. Per questo gli spleologi si stanno servendo di piccole cariche esplosive per allargare i punti dove passano i corpi dei soccorritori ma non la barella. Una volta all’aria aperta, che sia mercoledì notte o giovedì, (oltre quattro giorni dopo l’incidente), la 32enne sarà caricata sull’elicottero. Il mezzo non può atterrare, l’area boschiva intorno è già stata bonificata per permettere il trasbordo in sicurezza, da una barella all’altra e poi su fino all’elicottero con un verricello. Qualora non fosse possibile questo intervento, è stato anche messo in sicurezza il percorso impervio di accesso alla grotta via terra.
Tra i volontari anche un soccorritore di Alfredino nella tragedia del Vermicino
Il Tg3 Lombardia ha intervistato Tullio Bernabei, soccorritore esperto che nel giugno 1981 fu tra i primi ad arrivare al Vermicino dove il piccolo Alfredo Rampi di 6 anni era caduto in un pozzo artesiano. «La difficoltà è il tempo e la resistenza al dolore, considerato che la speleologa è ferita», ha detto Bernabei, nella squadra di circa 100 persone che sta lavorando per portare in salvo Ottavia Piana, «documenteremo la salita di un pozzo di 50 metri d’altezza dove la barella verà issata con un accompagnatore. È un passaggio delicato ma non rischioso: è tutto fatto seocndo procedure chiare e sperimentate».