Case Green, la corsa dell’Italia sull’energia parte da scuole e ospedali: più della metà è da riqualificare. Cosa sta facendo il governo
Più della metà degli edifici pubblici (il 56%) è inefficiente dal punto di vista energetico e circa uno su quattro (il 24%) appartiene alla classe G, la più bassa in assoluto. È quanto emerge da un’analisi della Community Smart Building del think tank The European House – Ambrosetti (Teha). Il quadro è particolarmente preoccupante in vista degli obiettivi fissati con la direttiva europea sulle performance energetiche degli edifici, ribattezzata in Italia «direttiva case green». Tutti gli stati membri sono chiamati a ridurre i consumi energetici degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Dal 2030, inoltre, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero. Un obbligo che per gli immobili di proprietà pubblica, o comunque occupati da enti pubblici, scatta già a partire dal 2028.
Quanto sono vecchi gli edifici pubblici in Italia
Il settore edilizio in Italia è responsabile del 42% dei consumi energetici e del 18% delle emissioni di gas serra, responsabili dei cambiamenti climatici. La direttiva case green punta proprio ad abbattere i consumi di energia e, di conseguenza, contrastare il surriscaldamento globale. Per riuscirci, un contributo fondamentale potrebbe arrivare proprio dagli edifici pubblici, ossia ministeri, sedi delle amministrazioni locali, scuole, ospedali, stazioni e case popolari. Secondo l’analisi di Teha, il 56% degli edifici pubblici italiani si trova nelle tre classi energetiche peggiori (E, F e G), con un quarto del totale che è concentrato nella sola classe G, la più bassa di tutte. Mentre le tre classi energetiche più alte – ossia A4, A3 e A2 – riguardano appena il 4% del totale degli immobili.
Il boom di interventi tra il 2025 e il 2030
Per raggiungere i target della direttiva europea, il governo italiano punta ad accelerare gli interventi di riqualificazione degli edifici pubblici. Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) prevede un tasso di efficientamento del 3% annuo dal 2025 al 2030, un ritmo nove volte superiore a quello tenuto tra il 2014 e il 2022. A fronte di questi obiettivi, la pubblica amministrazione oggi appare in ritardo. Dopo il picco del 2018, quando si è raggiunto un tasso annuale di riqualificazione degli edifici pubblici del 4,1%, la percentuale è calata significativamente fino ad attestarsi a un misero 0,7% nel 2022. Almeno sulla carta, dal 2025 sempre più scuole, università, stazioni, case popolari e sedi delle amministrazioni locali dovrebbero essere riqualificati. Per riuscirci, l’Agenzia del Demanio ha stanziato poco più di due miliardi di euro che serviranno a efficientare circa 5 milioni di metri quadrati di superficie degli edifici pubblici entro il 2026.
Cosa frena le riqualificazioni degli edifici pubblici
A rallentare i piani di riqualificazione degli edifici pubblici contribuiscono diversi problemi. Innanzitutto, i ritardi burocratici e l’eccessivo numero di enti coinvolti, ma anche la mancanza dei fondi e la carenza di competenze tecniche all’interno della pubblica amministrazione. Ma c’è una soluzione, suggerita dall’analisi di Teha, che consentirebbe di accelerare gli investimenti e raggiungere gli obiettivi europei sull’efficienza energetica degli edifici. Si tratta dei partenariati tra pubblico e privato, che ad oggi in Italia sono ancora poco diffusi. Tra il 1990 e il 2021, si legge nel report, il nostro Paese ha speso 4,5 miliardi di euro per progetti di riqualificazione degli efici che hanno visto una collaborazione tra pubblico e privato. Una cifra sensibilmente più bassa di quanto è stato speso, nello stesso periodo di tempo, nel Regno Unito (93 miliardi), in Francia (14,1 miliardi) e in Spagna (7,9 miliardi).
In copertina: Il rendering della futura scuola nel quartiere Torrino-Mezzocammino, a Roma. I lavori inizieranno nel 2025 (ANSA)