In pensione a 64 anni con 20 di contributi: le nuove regole con la rendita dei fondi integrativi
Lasciare il lavoro a 64 anni con 20 di contributi. A patto che per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 (ovvero quando è entrato in vigore il sistema contributivo) chi vuole andare in pensione abbia maturato un importo dell’emolumento pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale. Ovvero più di 1.600 euro al mese. Un emendamento alla Legge di Bilancio presentato dalla Lega prevede che dal 2025 per superare la soglia si possa utilizzare la rendita maturata presso il fondo di previdenza integrativa. Ma in questo caso saranno necessari 25 anni di contributi a partire dal 2025 e 30 dal 2030.
Come funziona
Attualmente può andare in pensione a 64 anni con il regime contributivo e 20 anni di contributi soltanto se l’assegno vale 3 volte la pensione minima per gli uomini e 2,8 volte per le donne. Adesso si potrà aggiungere la rendita. «L’emendamento presentato dalla deputata della Lega Tiziana Nisini premia la flessibilità in uscita. Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni», ha spiegato il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon. Mentre il silenzio-assenso per il Trattamento di Fine Rapporto nei fondi pensione potrebbe arrivare solo per i neo assunti.
Un canale da ricchi
Adesso quindi sarà possibile cumulare la pensione pubblica con la rendita maturata dai fondi pensione per raggiungere il requisito delle 3 volte. Ma il risvolto negativo è che gli anni di contributi devono aumentare da 20 a 25. E poi a trenta tra cinque anni. Dal 2030 la soglia arriverà a 3,2. Serviranno quindi all’incirca 1.700 euro di pensione per uscire a 64 anni. Per tutti. Anche per chi non può cumulare perché non ha un fondo pensione. L’emendamento Nisini è frutto di una trattativa interna al governo tra Lega e FdI. Ma si tratta di un canale da ricchi, spiega oggi Repubblica. Mentre se si vuole integrare con la rendita, bisogna invece accettare di lavorare di più. Ovvero 25 anni dal 2025 e poi 30 anni dal 2030. A regime dunque, dal 2030, si vengono a creare due canali di pensione anticipata: 64 anni più 20 di contributi e 64 anni più 30.
La pensione anticipata
Ma in entrambi i casi il multiplo per accedere al pensionamento sale a 3,2 volte. «La norma com’era fino a oggi era solo per ricchi. Per la prima volta nel sistema previdenziale italiano si consente di cumulare pensione pubblica e rendita dei fondi. Mi sembra un grande passo avanti. Dal prossimo anno puntiamo ad allargare a tutti il cumulo. Anche a chi oggi è “misto”, perché ha iniziato a lavorare prima del 1996. Sarà la nostra vera riforma delle pensioni con cui cancelleremo la legge Fornero», dice ancora Durigon. «Basta pensare ai 4 milioni di lavoratrici in part-time che, pur lavorando una vita, anche con 40 anni di contribuzione rischiano di andare in pensione solo dopo i 71 anni», replica la Cgil.