Il viaggio in Congo, la febbre e poi la morte: la storia di Andrea Poloni. «Non voleva essere il paziente zero»
«È successo proprio quello che lui mai avrebbe voluto diventare il paziente zero di questa febbre del Congo», a parlare in preda allo sconforto è Carol Yanga Ilako, la compagna di Andrea Poloni, l’uomo di Trevignano (Treviso) morto per una febbre con emorragia dopo essere rientrato dal Congo. Gli accertamenti sul suo caso sono ancora in corso. Le autorità sanitarie italiane vogliono capire se a ucciderlo sia stata la “malattia misteriosa” scoperta nella regione di Panzi e catalogata dal ministero della sanità congolese come una «grave forma di malaria». Anche le prime analisi dell’Oms avevano riscontrato nei soggetti contagiati la malaria, ma ulteriori analisi sono in corso.
La storia di Poloni
Elettricista con la passione per la coltivazione della canapa e per la fotografia. In Congo era andato con la sua compagna Carol Yanga Ilako che aveva conosciuto dopo la separazione dalla moglie. Con lei si era recato nel Paese africano per scopi umanitari: «Io e Andrea eravamo arrivati l’8 novembre insieme a un container di 40 piedi carico di cibo per le famiglie e i bambini del Congo», racconta la donna a Repubblica. Insieme a lei, che da anni risiede a Quero (Belluno), il 55enne realizzava iniziative benefiche con l’associazione Banga Ekanga per la cittadina di Mbandaka. Poi il rientro anticipato per lui: «Dovevamo rimanere fino a fine dicembre ma lui è tornato prima in Italia perché doveva chiudere un’azienda entro fine anno. Il commercialista gli aveva messo fretta». Sull’aereo per il Belgio, Poloni aveva la febbre: «Si era reso conto di avere la febbre solo una volta a casa ma era bassa, 37.
La febbre
La notte tra sabato e domenica è salita a 39. Però poi la febbre è scesa e domenica ha pranzato con la figlia». Come riporta Repubblica, si sarebbe curato a casa e non sarebbe mai uscito. Secondo alcune testimonianze, avrebbe usato solo delle erbe, non seguendo alcuna terapia farmacologica. Inutili i tentativi della figlia di convincerlo ad andare da un medico. Due giorni fa, siccome non rispondeva, è entrata nell’appartamento e lo ha trovato senza vita, con sangue dal naso e dalla bocca. La figlia è stata messa in isolamento domiciliare mentre si compiono le analisi sul sangue dell’uomo: anche l’istituto Spallanzani di Roma è coinvolto negli accertamenti. Le autorità sanitarie per ora chiedono prudenza nel collegare il caso con la “malaria” del Congo anche perché l’uomo «era di ritorno da un viaggio nel Paese africano nella capitale Kinshasa e a nord lungo il fiume Congo». Quindi a più di 700 km dal focolaio nel distretto di Panzi.