Perché Zelensky “si arrende” su Crimea e Donbass: il piano per la pace tra Russia e Ucraina, Trump e la fine degli aiuti
«Non abbiamo le forze per riprenderci Donbass e Crimea. Dobbiamo sperare nella diplomazia». Le parole di Volodymyr Zelensky sulla guerra tra Russia e Ucraina somigliano a una resa. Ammettendo quello che i governi occidentali, cominciando da quello di Joe Biden, pensava da tempo. Ma l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e gli aiuti agli sgoccioli hanno accelerato i negoziati di pace. Con una prospettiva amara per Kiev: gli ucraini devono prepararsi a cedere almeno una parte di quel 20% del suolo nazionale conquistato con la forza dai russi. Anche perché secondo i sondaggi come quello di Gallup il 52% degli ucraini è favorevole a «una qualche concessione territoriale». Pur di chiudere rapidamente il conflitto e di avere la pace.
Il piano per la pace tra Russia e Ucraina
Il leader ucraino ha cambiato toni da tempo nei colloqui informali. Mentre da Washington, spiega oggi Repubblica, emergono due linee. C’è chi, come Elon Musk, spinge per tagliare subito armi e aiuti all’Ucraina. Altri, come l’incaricato di Trump Kellogg, auspicano un approccio più graduale. Con l’obiettivo di forzare Vladimir Putin ad avviare trattative. Ecco perché Zelensky ha parlato di Donbass. Ed è stato generico nell’affermazione perché ha deciso di non distinguere tra Donetsk e Lugansk occupati dai russi o tutto il territorio occupato dal 2022 al 2024. Una resa totale a Putin, mascherata da pace o da tregua, non è nell’interesse né dell’Europa né degli Stati Uniti. Mentre c’è l’ipotesi di uno schieramento di militari europei per la pace.
Peacekeeping
Anche l’Italia, ha spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto, è disponibile per una missione di peacekeeping. Intanto c’è da segnalare che nel colloquio con Le Parisien Zelensky non ha parlato di Mariupol. Intanto il leader slovacco Robert Fico provoca: «L’Ucraina non sarà invitata alla Nato e perderà un terzo del suo territorio. La sospensione immediata delle operazioni militari è la soluzione migliore per Kiev». Un pensiero simile a quello di Viktor Orbán. Anche Giorgia Meloni si prepara alla svolta. Mentre lunedì 23 dicembre il governo varerà un decreto per le forniture militari nel 2025. Ma se l’Europa si accoderà a Trump lei non dovrà sconfessare la posizione presa all’epoca di Biden alla Casa Bianca.
L’Ucraina, la Nato, l’Ue
«Siamo forti? Non ancora. Entreremo nella Nato? Non lo sappiamo. Entreremo nell’Unione Europea? Sì, ma quando?», ha detto ancora Zelensky. Il segretario generale dell’alleanza atlantica Mark Rutte prova a tenere la linea: «La mia posizione è che l’Ucraina deve essere messa in una posizione di forza per poi decidere quando e come aprire i negoziati: se ora iniziamo a parlare fra di noi che forma prenderà la pace, rendiamo la vita molto facile ai russi». Ma già nelle conclusioni del vertice europeo si avverte un cambio di direzione marcato: «L’Ucraina dovrà prevalere», era scritto. «La Russia non dovrà prevalere», è stato modificato.
Il cambio di prospettiva
Nelle ultime settimane Zelensky un discorso del genere l’aveva fatto solo sulla Crimea. La novità è l’inclusione del Donbass. Anche se la Nato dice di voler ancora sostenere Kiev. Il come, per quanto, sino a che punto e che fare se gli Usa dovessero tirarsi indietro – o aprire improvvisamente un canale negoziale con Putin – è ciò che gli europei vogliono capire e possibilmente concordare. «È molto importante utilizzare questi due giorni a Bruxelles per incontrare tutti i nostri partner affinché non siano divisi e abbiano la stessa posizione comune», ha concluso Zelensky.