Un’altra accusa per Daniela Santanchè: «Bancarotta fraudolenta per Ki Group»
Una nuova accusa per Daniela Santanchè. Quella di bancarotta fraudolenta, ovvero il reato di chi sottrae beni all’azienda in fallimento pregiudicando i diritti dei creditori. La ministra del Turismo è accusata nell’inchiesta su Ki Group srl a Milano. Per Visibilia Editore dovrà fronteggiare le accuse di falso in bilancio e truffa ai danni dello Stato per la cassa integrazione Covid. Si attende l’udienza preliminare. Mentre l’ultima inchiesta va avanti da un anno, fa sapere La Stampa. Al centro c’è l’azienda del bio comprata insieme all’ex compagno Canio Mazzaro. La Santanchè è uscita dalla società nel gennaio 2022. Nei giorni scorsi ha fatto sapere di voler restare al governo anche in caso di rinvio a giudizio.
L’indagine
A indagare sono i pm Marina Gravina e Luigi Luzi del pool del procuratore aggiunto Roberto Pellicano. Ki Group è finita in liquidazione giudiziale (ovvero in fallimento) il 9 gennaio 2024. Successivamente hanno avuto la stessa sorte Biofood, Verdebio e la quotata Bioera il 4 dicembre scorso. Su Ki Group pende una doppia istanza di liquidazione giudiziale, che proviene dai pm e dall’Agenzia delle Entrate. «In relazione all’apertura della liquidazione giudiziale di Ki Group, e alle conseguenti notizie apparse su talune testate giornalistiche in riferimento a un asserito caso Santanchè intendo precisare che in detta società ho avuto tempo addietro un ruolo del tutto marginale e oggi non ne ho alcuno. Le notizie secondo cui Ki Group farebbe (o avrebbe fatto) “capo a me” forniscono una rappresentazione non vera dei fatti e paiono ispirate dalla volontà di screditare la reputazione della carica che ho l’onore di ricoprire», aveva fatto sapere la ministra.
La sentenza di fallimento
Santanchè è stata presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante dell’azienda dal 20 aprile 2019 al 31 dicembre 2021. Nella sentenza di fallimento è stato accertato «lo stato di definitiva incapacità» di «fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni» dell’azienda. Che non aveva «più credito di terzi e mezzi finanziari propri» e un «passivo esposto in ambito concordatario di 8.625.912 di euro». L’insolvenza forniva la «conseguente impossibilità con l’attivo e il patrimonio societario di pronto realizzo a far fronte al passivo esposto in ambito concordatario». E poi il «mancato deposito del bilancio al 31 dicembre del 2022» e «l’emersione già nel bilancio del 2021 di una perdita di esercizio di 11,8 milioni di euro e di un patrimonio netto negativo di 9,6 milioni di euro». Secondo la Gdf proprio a causa della gestione di Mazzaro e Santanchè.