In dieci anni perse diecimila scuole. La mannaia del dimensionamento che piace a tutti i governi – Il dossier
Entro il 2031, l’Italia vedrà scomparire quasi il 40% delle scuole. È l’effetto del cosiddetto dimensionamento scolastico, un piano di accorpamenti, soppressioni e trasformazioni delle istituzioni scolastiche che sta seminando malcontento da Nord a Sud e accende da sempre le proteste dei sindacati. Nell’anno scolastico 2000-2001, le scuole italiane erano 11.592. Un decennio dopo, nel 2011-2012, il numero era già sceso a 9.139. Nel 2021-2022 si contavano 8.511 istituti, e quest’anno si è arrivati a 7.981. E in prospettiva, i dati non sono confortanti: entro il 2031-2032, si prevede un’ulteriore drastica riduzione a 6.885 scuole, segnando così un calo totale del 40% delle autonomie scolastiche in soli trent’anni. È lo scenario fotografato dall’ultimo dossier della Uil Scuola Rua, che denuncia gli effetti di un processo mirato principalmente al risparmio. Il piano garantirà, infatti, allo Stato un risparmio di 88 milioni di euro, ma con conseguenze pesanti per il sistema educativo. «L’unico vantaggio del dimensionamento andrà alle casse dello Stato. Non ci saranno benefici per il personale scolastico e, in larga misura, neppure per alunni e famiglie», denuncia la Uil. Un’affermazione che punta il dito contro una riforma percepita da diversi sindacati come miope e dannosa.
Tagliare le scuole è il trend che unisce tutti i governi: ecco i dati
Il piano di dimensionamento scolastico più recente è stato approvato nella legge di bilancio 2023 con effetti a partire dal 2024. Piano che prevede un taglio progressivo delle istituzioni scolastiche nel corso di questi tre anni scolastici: 2024/2025, 2025/2026 e 2026/2027. La soglia minima di studenti per evitare accorpamenti è fissata a 961 per il 2024, ma scenderà gradualmente: a 948 nel 2025 e a 938 nel 2026. Non è la prima volta che il sistema scolastico diventa bersaglio di riforme mirate al risparmio, un destino comune a molti governi che si sono succeduti negli anni. Un taglio drastico si è verificato sotto il governo Berlusconi (2008-2011), con la riforma Tremonti-Gelmini che ha sottratto complessivamente 10 miliardi di euro al bilancio dell’istruzione: 8,5 miliardi alla scuola e 1,5 miliardi all’università. Questa politica ha avuto conseguenze pesanti, tra cui la riduzione di 130mila posti di lavoro tra docenti e personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario).
I soldi per il salvataggio di Alitalia e il rincaro del governo Draghi
La storia del dimensionamento scolastico appare dunque come un copione già visto, in cui il risparmio economico si traduce in tagli che mettono a rischio la qualità dell’istruzione e i diritti del personale scolastico. Il dossier della Uil Scuola Rua mette in luce un altro dato: gran parte delle risorse risparmiate grazie ai tagli alla scuola, introdotti con le leggi 133/08, 169/08 e 240/10, sarebbero state destinate a salvare Alitalia dall’acquisizione da parte di Air France. Un sacrificio economico che, però, non ha evitato il collasso della compagnia, che già nel 2017 è sprofondata in una nuova crisi finanziaria, culminata con la chiusura nel 2021 e la successiva acquisizione da parte di Ita Airways. Nonostante le conseguenze già note di queste politiche, la linea di riduzione delle scuole è proseguita negli anni. Sotto il governo Draghi, il dimensionamento scolastico ha trovato nuova legittimazione con le direttive europee del Pnrr, che mirano ad adeguare la rete scolastica al calo della popolazione studentesca.
Le indicazioni (mancate) del Pnrr
Tuttavia, il Pnrr aveva posto due obiettivi chiave per ripensare il sistema scolastico: ridurre il numero di alunni per classe e ridefinire la rete scolastica attraverso un dimensionamento più funzionale. La Uil Scuola Rua spiega, però, che queste priorità non si sono mai tradotte in azioni concrete dall’attuale governo Meloni. «L’attuale progetto di dimensionamento avrebbe dovuto considerare entrambi gli aspetti previsti dal Pnrr, ma così non è stato», denuncia il sindacato. Una deroga introdotta nel decreto Milleproroghe 2024 ha permesso alle regioni di mitigare parzialmente i tagli previsti dal dimensionamento. Questa misura consente infatti di attivare un numero limitato di ulteriori autonomie scolastiche, non superiore al 2,5% dei posti disponibili per i dirigenti scolastici, salvando così 181 istituzioni scolastiche a livello nazionale.
«La denatalità? Potrebbe essere un’opportunità per togliere le classi pollaio, ma il governo non interviene»
Nonostante ciò, la Uil evidenzia come la deroga rappresenti solo una soluzione temporanea, valida esclusivamente per l’anno scolastico 2024/2025. «Questa è una risposta emergenziale che non affronta il problema alla radice. Governare il sistema di istruzione significa pianificare interventi strutturali, investendo per creare una scuola proiettata verso il futuro, non limitandosi a tamponare le singole emergenze», dichiara Giuseppe D’Aprile, Segretario generale Uil Scuola Rua. La riduzione del numero di alunni per classe, continua D’Aprile, potrebbe trasformare il problema della denatalità in un’opportunità per migliorare la qualità della didattica. Un intervento strutturale di questo tipo garantirebbe un’istruzione più mirata ed efficace, rispondendo in modo proattivo alle sfide del calo demografico, anziché trasformarlo in una penalizzazione per il sistema scolastico.