La stilista Sara Battaglia e le violenze dell’ex: «Ti convincono che le botte te le meriti»
Sara Battaglia è una giovane stilista e imprenditrice. Collabora con Ferragamo e viene da una famiglia di artisti, galleriste set designer. E si è impegnata in un progetto antiviolenza: una camicia bianca «Red Collar» con il colletto rosso realizzata con un laboratorio nel quale lavorano donne che sono state vittime di maltrattamenti. Oggi in un’intervista rilasciata a Matteo Persivale per il Corriere della Sera spiega che anche lei ha subito violenze da un ex fidanzato. E spiega che l’aspetto più subdolo della questione sono «le violenze psicologiche, il farti sentire sbagliata».
Alessandra Kustermann
«Quando ho conosciuto la dottoressa Alessandra Kustermann del Policlinico di Milano, una persona eccezionale che mi ha aiutato molto, lei e gli avvocati eroici che lavorano con lei pro bono, mi ha ascoltato e mi ha detto semplicemente “non va bene”. Ho capito che il meccanismo nel quale ero intrappolata è sempre lo stesso, con qualche variante. La relazione comincia, poi scatta l’erosione dell’autostima e lì arrivano gli insulti, sempre più crudeli, pensati per farti crollare le certezze. Da lì in poi, arrivare alle botte, sempre più forti, è soltanto questione di tempo. Perché le donne non dicono subito basta? Perché è un incantesimo cattivo: ti convincono che le meriti, le botte, e anzi che ne hai prese poche (come mi sono sentita dire io). Nel mio caso, prima ci furono sei mesi di relazione diciamo così normale, seguiti da quattro anni e mezzo di incubo», dice Battaglia.
La consapevolezza
Secondo la stilista la cosa più importante è «la consapevolezza. Quella è fondamentale. Consapevolezza di quel che è successo davvero, quando si riesce finalmente a vedere la situazione per come è, con gli occhi di chi sta fuori e non di chi c’è dentro. C’è chi denuncia — io l’ho fatto — e chi no. Ognuna deve scegliere la sua strada in libertà. Denunciare non è semplice, in ogni caso». Martedì 17 dicembre il gup ha rigettato la richiesta di patteggiamento dei legali del suo ex. Che avevano proposto una condanna a 1 anno e 10 mesi con pena sospesa, 10 mila euro di risarcimento a rate e l’impegno a seguire un percorso terapeutico.
«Il percorso in tribunale continua, e quella è una cosa; oggi però è ancora più importante per me trasmettere il messaggio che non dobbiamo aspettare che una donna muoia per agire, né che siano le madri — o le sorelle — a parlare per le vittime. Io sono sopravvissuta: più se ne parla, e più si sfata questo tabù, e le donne avranno meno paura di denunciare. O di scappare da una relazione violenta», dice ancora Battaglia.
La rinascita
La sua rinascita avviene un giorno alla volta: «Alti e bassi, a volte felicissima e a volte triste. Il mio rifugio era il disegno, la mia stanza immaginaria dove ero, almeno lì, libera. Piano piano mi sto riprendendo la mia vita, un po’ alla volta. Prima andavo a dormire e pregavo di non svegliarmi. Non ho mai sognato. Proprio niente, per anni. Adesso posso riprendere anche a sognare».