Scuola, alla primaria c’è (ancora) un problema di genere: solo il 2,8% degli insegnanti sono uomini
All’asilo e alle elementari, gli insegnanti maschi mancano all’appello. E mentre l’Italia si prepara alla seconda tranche del concorso docenti per le scuole di ogni ordine e grado, i numeri parlano chiaro: gli uomini in queste aule sono pochissimi, tanto che, in caso di parità di punteggio tra candidati, saranno proprio quelli di genere maschile ad avere la precedenza nell’assunzione. Lo prevede, infatti, una norma introdotta a giugno 2023 e concepita per riequilibrare le disparità di genere nei settori dove gli squilibri storici sono ancora evidenti. Questa misura si inserisce in un contesto che paga il peso di vecchie visioni educative e sociali, secondo cui alcuni mestieri sarebbero «da uomini» e altri «da donne». Se la mancanza di donne nei vertici di molte professioni è un tema tristemente noto, in questo caso si rivela l’altra faccia della medaglia: in ambiti educativi fondamentali, come quello della scuola primaria, gli uomini sono praticamente assenti. Una scelta che pesa non solo sui numeri, ma sull’immaginario collettivo dell’educazione, che resta ancorato all’idea che la cura dei più piccoli sia una prerogativa quasi esclusivamente femminile.
Cosa dicono i dati
Il concorso lanciato a dicembre diventa così una leva fondamentale per affrontare una storica disparità di genere nel mondo dell’istruzione. I dati più recenti del ministero (2023) rivelano quanto sia ancora lontana la fine di questa tendenza. In Italia, solo il 2,78% degli insegnanti della scuola dell’infanzia e delle elementari sono uomini, una percentuale che varia di poco da una regione all’altra, ma che in alcune aree raggiunge cifre drammatiche. In Abruzzo, per esempio, le insegnanti della scuola dell’infanzia rappresentano il 99,51% del totale, con gli uomini che registrano un esiguo 0,49%. Non va molto meglio in Basilicata, dove il rapporto è del 98,97% contro l’1,03%, o in Calabria, con il 98,99% di donne e solo l’1,01% di uomini. Al Nord, le cifre non sono meno sbilanciate: in Lombardia, il 99% delle cattedre dell’infanzia è occupato da donne, mentre i maestri maschi non superano lo 0,53%. In Umbria si registra la totale assenza di maestri maschi nei posti di sostegno della scuola dell’infanzia, mentre nella scuola primaria la percentuale di donne arriva al 96,59%, lasciando solo il 3,41% agli uomini. Anche in Molise, la scuola dell’infanzia è dominata dalle insegnanti femmine, con un dato del 99,62%, contro lo scarsissimo 0,38% di uomini.
Il precedente che fece discutere
Questi numeri porteranno inevitabilmente a una maggiore priorità per gli uomini nei concorsi, ma va precisato che la norma introdotta nel 2023 non stravolge i meccanismi di selezione. La priorità al genere meno rappresentato scatta solo in caso di parità di punteggio, affiancandosi agli altri criteri già previsti, come la valutazione dei titoli e degli anni di servizio. Sebbene questa norma fosse stata concepita per favorire l’accesso delle donne a molti settori lavorativi, non è la prima volta che il mondo della scuola si confronta con una situazione simile. A ottobre 2023, infatti, una nota del ministero aveva suscitato polemiche annunciando che agli uomini sarebbe stata data priorità nei concorsi per dirigenti scolastici in tutte le regioni. La decisione aveva acceso il dibattito, con alcuni che parlavano di «quote blu», definizione che il ministero dell’Istruzione e del Merito ha poi rigettato, definendola «fuorviante».