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Vincenzo Salemme e il ricordo di Eduardo: «Mi proposi come comparsa, lui mi diede una battuta e mi scritturò come attore»

23 Dicembre 2024 - 06:33 Alba Romano
L'attore non ne può più dei luoghi comuni napoletani. E il suo rimpianto è non aver avuto figli

L’attore Vincenzo Salemme non ne può più dei luoghi comuni napoletani: «Il caffè, la mozzarella, la pizza, le canzoni, Maradona… Ci dobbiamo portare dietro un bagaglio pesante che a nessun altro è richiesto. Un attore romano può fare tutti i ruoli: noi solo i napoletani». E in un’intervista al Corriere della Sera oggi riepiloga la sua vita e la sua carriera. A partire dall’infanzia: «Papà avvocato, mamma che aveva nel cibo un elemento per relazionarsi con gli altri, una nonna che regalava tutto quel che aveva ai poveri. Eravamo quattro fratelli e ho avuto una infanzia felicissima. A 9 anni mi ritrovai a pensare: ma davvero la vita è così bella? Poi si cresce».

Niente figli

Uno dei suoi crucci è non aver avuto figli: «Con Valeria abbiamo perso una bimba prima della sua nascita. E sentivo come un tradimento fare figli con Albina, che ha già un ragazzo. Per me la piccola, che non ha mai avuto un nome, esiste. Ci ho scritto pure una commedia». Del suo lavoro gli piace soprattutto «la regia senza dubbio. Se avessi fatto solo l’attore avrei lasciato da tempo». Nel suo primo film, L’amico del cuore, «la protagonista femminile era Eva Herzigova, fu Rita Rusic a suggerirla, bellissima e altissima. Tanto alta che per molte scene usammo tavole da ponte per alzarci».

Eduardo

È regista e protagonista di Natale in casa Cupiello: «È un capolavoro, è stato semplicissimo e per me questo è un cerchio che si chiude. Ci sto dentro che è una meraviglia, le parole di Eduardo sono stanze nelle quali c’è l’Italia che nasceva e la vita. Eduardo commediografo è di tutti, affronta temi universali, fra cui il tempo. Lo fa raccontando il caffè e la sua liturgia lenta: gestire il tempo è civiltà. Noi lo stritoliamo, sembra che viviamo un quarto di mio nonno che morì a 50 anni». Ricorda il suo primo incontro con Eduardo: «Mi portò da lui Sergio Solli, nel 1977, a Cinecittà. Ricordo ancora l’odore — sono fissato con gli odori — che sentii entrando in quel mondo che vedevo in tv. Eduardo uscì vestito come nel primo atto di Natale in casa Cupiello, camminava piano perché aveva un problema alle gambe, non si sentiva la terra sotto i piedi. Mi tese la mano e disse “Stringete piano’’ . Odorava di borotalco. Mi proposi come comparsa, lui mi diede una battuta e mi scritturò come attore. Poi seppi che non è che aveva visto in me il sacro fuoco, ma gli ero apparso così magro ed emaciato che aveva pensato che non mangiassi e voleva garantirmi una paga più alta. E poi ci fu un episodio…».

I dischi

Quello dei dischi: «Eduardo aveva centinaia di dischi in camerino e chiese a Giro Maringola di schedarli. Un lavoraccio per il quale Gino chiese di potermi utilizzare. Un giorno mi sentii una mano sulla spalla: Eduardo osservava la lista che stilavo e disse “Come scrive bello… questo deve scrivere”. Si riferiva alla grafia? Per me che già scrivevo testi fu un viatico, una benedizione».

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