Federica Pellegrini: «Mandai un paparazzo per incastrare Magnini. Ceccon? Un provocatore»
Il nuoto è il suo primo ricordo: «Ho tre anni, l’istruttrice di nuoto vuole che metta la testa sotto l’acqua per fare le bolle, a me non piace, lei si spazientisce». E non poteva che essere così per l’ex campionessa Federica Pellegrini. Che si racconta ad Aldo Cazzullo e ad Arianna Ravelli in un’intervista sul Corriere. Dalla famiglia, di destra come lei che ammette di essere di «destra moderata», ai trionfi in vasca. E in mezzo gli amori, i tradimenti e poi la scelta di entrare nella Fondazione Giulia Cecchettin, dal nome della studentessa uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta condannato in primo grado all’ergastolo.
La famiglia, dal nonno campione di lotta al padre parà
Pellegrini è cresciuta in una famiglia non ordinaria. Il nonno era un campione di lotta greco-romana: «Sarebbe potuto andare alle Olimpiadi, ma doveva decidere se dedicarsi allo sport o lavorare: con cinque figli da mantenere, rinunciò». Il padre era invece un parà della Folgore: «L’ultimo lancio lo fece quando sono nata io. Disse che era la prima volta che si buttava avendo paura di perdere qualcosa. Andò a fare il barman». Ma le doti in vasca le deve tutte a sua madre: «I geni dell’acquaticità me li ha trasmessi mia madre Cinzia».
La famiglia di destra: «Con Meloni c’è solidarietà femminile»
Il padre non era democristiano: «Era molto appassionato alla politica. A casa entravano giornali e libri di orientamenti diversi». Pellegrini si sente di «destra moderata», e sulla premier Giorgia Meloni si esprime così: «Con lei ho più che altro una forte solidarietà femminile. Credo non sia facile gestire quel ruolo da donna; anche io, nel mio piccolo, l’ho provato. Spero che una donna faccia grandi cose per le donne. Ma da questo punto di vista direi che possiamo migliorare molto».
Sminuita come donna: «La storia di Cecchettin mi ha fatto pensare al patriarcato»
L’ex campionessa è entrata nel consiglio d’amministrazione della Fondazione Giulia Cecchettin, un ruolo che le è stato proposto dal padre della studentessa uccisa, Gino: «Quando è stata uccisa ero incinta di mia figlia. Quella tragedia mi ha portato a pensare al patriarcato, a quante volte le donne vengono sminuite. È successo anche a me».
La storia con Magnini
Pellegrini si riferisce alle prime critiche che le arrivano quando decide di chiudere una relazione: «Ho avuto tutti contro. Fossi stata un uomo, sarebbe stato diverso». L’ex campionessa poi spiega che la medaglia persa a Rio 2016 è stata la sua «sliding door. Con una medaglia a Rio mi sarei ritirata. Non sono sicura che avrei sposato Filippo (Magnini, ndr), anche se gli avevo già detto di sì. Posso dire che se fossimo andati avanti ci saremmo fatti molto male. Quindi forse è andata bene così». Una storia andata avanti per sei anni, ma con molti problemi: «Lui ha fatto tanto male a me all’inizio, io l’ho fatto a lui alla fine, perché non ero sicura». E il motivo erano i suoi tradimenti: «L’ho scoperto due volte. La prima ha lasciato a casa il vecchio cellulare e ho letto i messaggi». Mentre la seconda scoperta l’ha fatta grazie a un aiuto esterno: «Gli ho mandato un paparazzo, con l’incarico di tenerlo d’occhio a Pesaro, sotto casa sua. Avevo dei sospetti e avevo ragione, si vedeva ancora con la sua ex ragazza. Ma ho perdonato». Prima di Magnini però c’è stato Luca Marin: «Aveva un carattere molto difficile, doveva far vedere in pubblico che era l’uomo, usava parole pesanti, prevaricatorie. Io soffrivo, ma ero innamorata». Ai mondiali di Shangai Marin la scopre in camera con Magnini: «Luca e io ci trascinavamo da un po’, la mia intenzione era stare nel limbo fino a dopo i mondiali, per poi lasciarlo, mi ha beccato prima. La Nazionale si è schierata, che strano, con il maschio. Anche quelli che avevano visto come Luca si comportava con me. Ma se è la donna a decidere è una stronza».
Le vittorie (e i problemi)
Le Olimpiadi di Atene del 2004 le definisce quelle dell’incoscienza. Aveva solo 15 anni. Arriva l’argento nei 200 m, ma non bastava per molti: «Anche la voce del telecronista si spegne all’arrivo. È un po’ come il discorso di Benedetta Pilato: nessuno poteva capire come potesse essere contenta del quarto posto ai Giochi». E spera: «Credo che l’ottica con cui si inquadra il fallimento vada cambiata. Questa generazione può farlo». Dopo la medaglia del 2004 si trasferisce a Milano e inizia a soffrire di bulimia: «È l’unica cosa che non rifarei: allontanarmi dalla famiglia così presto. L’adolescenza, il corpo che cambia, io che vivo in costume, sotto gli occhi giudicanti di tutti, l’acne che mi colpisce». Nel 2008 arriva poi l’oro olimpico a Pechino, in vista dei Mondiali del 2009 inizia però a soffrire di attacchi di panico: «Quando nuoto i 400 m inizio a provare una sensazione di soffocamento, per me reale, anche se è tutto nella mia testa. Penso di morire. Lavoro con uno psicologo, scavo, fino a quando una notte sogno di nuotare vestita, con un accappatoio addosso». Era ciò che la appesantiva, la materializzazione di tutte le sue ansie raccolte dal subconscio, così se ne è liberata: «Anche se dalle crisi di panico non si guarisce mai del tutto». La chiusura della carriera è arrivata poi con Tokyo 2020. A Parigi è andata come membro del Cio.
Il rapporto con Ceccon
Dal campione italiano Thomas Ceccon non è considerata un punto di riferimento. Ma Pellegrini ci tiene a chiarire: «È vero che io e lui ci siamo frequentati poco, lo saluti e non ti saluta, poi magari non lo saluti una volta e sei quella che se la tira. Ma il rapporto è sempre stato cordiale. Quello che mi dà più fastidio è che ha detto che apprezza l’atleta ma non la persona, però lui come persona non mi conosce. Secondo me ha capito che fare il provocatore funziona, infatti attacca un po’ tutti, compreso Sinner».
La maternità
Pellegrini parla anche della nuova vita da madre di Matilde, avuta con il marito Matteo Giunta: «Un cambiamento epocale. Me lo aspettavo, ma non così. L’ho portata anche ai Giochi di Parigi. Non faccio paragoni ma i miei quattro cani è come se fossero stati i miei primi quattro figli. I primi quaranta giorni sono stati durissimi, allattavo, non dormivo, la piccola non si staccava mai da me. Tutti mi dicevano: è il momento più bello! Invece non ne potevo più».