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Siria, esplode la protesta dei cristiani dopo l’incendio di un albero di Natale ad Hama – Il video

24 Dicembre 2024 - 13:25 Alessandra Mancini
I gruppi minoritari nel Paese sono preoccupati della prospettiva di un governo che non li tuteli. «Chiediamo che nostri diritti siano rispettati», chiedono i manifestanti

Migliaia di persone sono scese in strada nei quartieri cristiani di Damasco per protestare contro l’incendio di un albero di Natale a Souqaylabiya, vicino ad Hama, quarta città della Siria. «Chiediamo che i diritti dei cristiani siano rispettati», cantano i manifestanti, mentre marciano per le vie della capitale. La protesta è scoppiata a più di due settimane dalla caduta del regime di Bashar al-Assad dopo l’offensiva lampo delle forze ribelli guidate da Hayat Tahrir al Sham (Hts) e da altri gruppi anti-assadisti. «Se non ci è permesso di vivere la nostra fede cristiana nel nostro paese, come in passato, allora non abbiamo più il nostro posto qui», precisa un esponente della comunità all’Afp. Secondo l’osservatorio siriano per i diritti umani, i miliziani che hanno dato fuoco all’albero di Natale sono stranieri, appartenenti al gruppo jihadista Ansar al-Tawhid. Un religioso di Hts, si vede in un video diffuso sui social network, assicura ai residenti che i colpevoli «saranno puniti». L’albero «verrà restaurato e illuminato entro domani», promette il miliziano tra gli applausi dei presenti. 

La popolazione cristiana in Siria

La popolazione cristiana della Siria nel 2022 contava circa 700mila persone, scrive il New York Times. Circa i due terzi del totale ha abbandonato il paese nell’ultimo decennio, dall’inizio del sanguinoso conflitto nella primavera del 2011. Secondo la Assyrian Democratic Organization (Ado), fazione legata all’amministrazione autonoma curda nel nord-est della Siria (Rojava), si è passati dall’8-10% di prima della guerra civile a un dato attorno al 3% (2021). Durante il regime di Assad, i cristiani – precisa ancora il Nyt – potevano esercitare liberamente il loro culto. Ma alcuni componenti oggi sono preoccupati dalla prospettiva di un governo islamista. Negli scorsi giorni, il leader della nuova Siria – Abu Mohammad al-Jolani – ha promesso di proteggere il pluralismo religioso e le minoranze all’interno del territorio siriano. «La Siria è di tutti», le parole di Jolani. Ma unificare il Paese, diviso da anni di guerra, non sarà affatto semplice.

I timori delle minoranze

Anche i curdi – oltre ai gruppi minoritari come i cristiani, gli alawiti (una gruppo nato dall’islam sciita a cui appartiene anche la dinastia degli Assad) e i drusi (che vivono anche nelle alture del Golan) – devono fare i conti con la nuova realtà. In questo clima di incertezza, infatti, la Turchia (il Paese che ha sostenuto l’avanzata dei ribelli) ha attaccato il territorio dei curdi-siriani – che vede come un’estensione del Pkk – nel nord-est del paese, con l’obiettivo di allargare la “zona cuscinetto” al confine. Incontrando il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, Jolani ha affermato che tutte le armi presenti nel Paese passeranno sotto il controllo dello Stato, comprese quelle detenute dalle forze a guida curda. Le «fazioni armate cominceranno ad annunciare il loro scioglimento e ad entrare» nell’esercito, ha detto due giorni fa durante una conferenza stampa. Il nuovo corso politico che la Siria mostra di voler intraprendere comprende anche l’entrata in scena di una donna, Aisha al-Dibs, nominata capo dell’ufficio per gli affari delle donne nell’amministrazione provvisoria del Paese, istituita dopo la caduta del regime. Dibs diventa così la prima funzionaria donna di alto livello selezionata nella nuova compagine politico-governativa di Damasco.

Foto copertina: ANSA / YOUSSEF BADAWI | Albero di Natale a Damasco

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