Problemi con i part time, e 350 assunzioni, ecco come se la cava la società aperta dalla Camera dei deputati nel 2024
[Questo articolo è stato aggiornato in seguito ad una richiesta di rettifica, in coda è possibile leggere la nota della Camera dei deputati]
La novità l’hanno notata tutti al rientro dall’estate e ora che è passato qualche mese le polemiche sembrano destinate a ripetersi. La Camera dei deputati a guida di Lorenzo Fontana, su particolare input di Fratelli d’Italia, ha deciso di costituire una società in house per assumere i dipendenti di ditte esterne che si occupavano dei servizi, dalla ristorazione alle pulizie. Anche se le società erano da anni più o meno le stesse, così come i volti ai tavoli e ai banconi dei vari servizi di ristorazione, tutto era gestito da aziende con cui Montecitorio contrattava anno dopo anno. Con questo meccanismo, sono invece diventati tutti dipendenti non della Camera stessa ma appunto, di una società in house, quindi esterna ma interamente di proprietà di Montecitorio. Come amministratore unico è stato scelto uno storico dipendente della Camera, Antonio Menè, nei ranghi degli uffici dal 1988 e che, come ultimo incarico, ha avuto il ruolo di Capo servizio per i lavori e i beni architettonici. Sotto la sua supervisione la Camera è stata recentemente ristrutturata, ma in passato è stato soprattutto un esperto di atti parlamentari (su riviste del settore ha scritto interventi come Ammissibilità ed ordine di votazione degli emendamenti tra ostruzionismo, integrazione normativa e qualità delle leggi), gestire un cospicuo numero di dipendenti sarà certamente una sfida.
Il numero di assunti
Anche perché i dipendenti non sono pochi e sembrano destinati ad aumentare. Gli addetti ai servizi di ristorazione sono 108, a cui però si sono già sommati, dopo il primo bando, altri 2 cuochi e 1 preposto ai servizi di ristorazione. Poi ci sono 166 addetti alla pulizia, 30 addetti al servizio facchinaggio, 42 al supporto esecutivo, 1 ulteriore responsabile del settore pulizie facchinaggio e un direttore generale, più 3 in distacco dalla Camera e recentemente altri due cuochi. Rispetto all’annuncio iniziale di 350 “stabilizzazioni”, la cifra di dipendenti totali (o in distacco ma sempre retribuiti dalla Camera) sta pian piano salendo, e potrebbe farlo ancora. La selezione, pubblica, per le assunzioni assegnava 83 punti a chi stesse lavorando presso le aziende appaltanti della Camera a novembre 2023, 70 a chi l’avesse fatto durante l’anno 2023 e zero a chiunque altro.
I conti
Nel ruolo di direttore generale è arrivato Marco Achilli, classe 1971, che lascia il ruolo di amministratore delegato di Equitalia giustizia, la società che gestisce il Fondo unico giustizia del ministero di via Arenula. Le preoccupazioni per il futuro però non mancano: la società è stata capitalizzata con un milione di euro, la spesa prevista è nel complesso, circa 14 milioni di euro, circa l’1,45% del bilancio di Montecitorio, ma – dice chi sostiene il progetto – si tratta del «corrispettivo economico del complesso dei servizi confluiti nella nuova gestione». CD Servizi avrà la Camera come unico committente ma d’ora in avanti per Montecitorio, che ha chiuso il bilancio 2023 con consistenti risparmi, sarà difficile pensare di ridurre i costi di funzionamento. Le polemiche sono iniziate a marzo, col primo voto sull’apertura della società in house, e non sono mancate anche quando, a luglio scorso, la Camera si è trovata ad approvare la variazione del bilancio preventivo per il 2024. Qui, si è fatto notare anche un singolare asse tra FdI e Avs, fortemente sostenitori della nascita della società, con Pd e M5s contrari assieme a +Europa. Nel comunicato contrario alla nascita della società Stefano Zaratti del Pd diceva: «I fondi potevano essere utilizzati, da subito, per dare maggiori garanzie e risorse ai lavoratori in somministrazione a partire dal rinnovo dei contratti di appalto. Si è scelta invece una strada incerta anche in merito alle future retribuzioni e garanzie per i dipendenti della nuova società». Insomma, per Pd, M5s e +Europa, sarebbe stato sufficiente mettere delle clausole nelle gare di appalto per alzare gli stipendi, senza però aprire una società. Trancassini, motore di tutta l’operazione, è convinto che sia invece l’unica via, come ha detto in aula il 25 luglio scorso: «Prima di questa operazione, i servizi erano scadenti e soprattutto il personale era precario, le centinaia di persone precarie che lavorano all’interno della Camera avevano in molti casi stipendi da fame. Siamo doverosamente intervenuti lì dove non era intervenuto nessuno». Il rischio ora, oltre al generale tema costi, è quello di esporsi a contenziosi di vario genere coi dipendenti.
Le prime proteste
Un primo problema c’è già stato quando, nonostante l’annuncio di aumenti in busta paga, i part time (numerosi specie nel servizio mensa) si sono accorti che per loro non valeva. Per mesi il servizio mensa ha subito rallentamenti a causa di malattie più o meno improvvise, secondo alcune ricostruzioni a causa di uno sciopero “informale”.
L’articolo è stato rettificato ex art. 8 legge n. 47 del 1948 e art. 2 legge n. 69 del 1963
*** La nota della Camera dei deputati ***
Con riferimento all’articolo di Open “Colloqui individuali da parte di politici, problemi con i part time, e 350 assunzioni, ecco come se la cava la società aperta dalla Camera dei deputati nel 2024” la Camera precisa quanto segue:
«Si smentisce categoricamente che siano stati svolti colloqui dal Questore Trancassini per la scelta del personale. A tutela della correttezza e della trasparenza dell’azione amministrativa della Camera, e della realtà dei fatti, ci troviamo costretti a precisare che la selezione del personale è stata svolta solo e unicamente attraverso il lavoro oggettivo e scrupoloso di una Commissione composta dall’Amministratore unico e da personale amministrativo della Camera attraverso criteri predeterminati e oggettivi, essendo basati in particolare sull’anzianità di servizio. Per quanto riguarda i costi concernenti le prestazioni rese oggi attraverso la CD Servizi, si confermano le complessive poste di bilancio – prima riferite agli oneri da corrispondere alle ditte esterne – senza ulteriori spese a carico del bilancio, pur considerando i miglioramenti contrattuali e retributivi del personale interessato. In linea più generale, a fronte di un risparmio di 1.1 milioni di euro iscritto nel bilancio previsionale 2025, rispetto al 2024, la tendenza alla riduzione della spesa di funzionamento complessiva si conferma anche nei due anni successivi, con una riduzione dello 0.15 per cento nel 2026 e dell’1 per cento nel 2027».