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La fantasiosa storia dell’auto ad acqua di mare

29 Dicembre 2024 - 18:17 David Puente
Il sito dell'azienda vendeva dei kit di conversione, declinando la responsabilità all'utente finale

Circola ancora il mito di fantomatiche auto ad acqua inventate e affossate a causa di interessi economici. È il caso di una piccola automobile azzurra a due posti, pubblicizzata nel 2008 da una società giapponese, pubblicizzata come capace di percorrere 80 chilometri con un litro d’acqua. Secondo alcuni video, si parlava addirittura di acqua di mare. L’auto, in realtà, non era neanche giapponese, ma indiana, e la società che la promuoveva vendeva solo dei kit lasciando l’intera responsabilità dell’installazione ai possessori d’auto che intendevano usarli.

Per chi ha fretta

  • L’auto non era giapponese, ma indiana ed elettrica.
  • La società giapponese Genepax promuoveva un kit, senza spiegarne l’effettivo funzionamento.
  • Il sito di Genepax promuoveva i kit e manuali di installazione, ma lasciando ogni responsabilità a chi voleva farne uso.
  • Nel disclaimer del sito dichiaravano che le informazioni fornite non erano supportati scientificamente.
  • La società giapponese concluse il progetto neanche un anno dopo nonostante il buon seguito mediatico.

Analisi

Ecco un reel che riporta la narrazione:

L’automobile ad acqua di mare che faceva 80 km con 1 litro d’acqua. Celata per interessi! Aiutateci a diffondere condividendo ed iscrivendoti

Nel video è presente il watermark del canale Telegram “Ugo Fuoco Stop Dittatura” dell’omonimo complottista (alcuni esempi qui, qui e qui).

L’auto elettrica indiana

Nel giugno del 2008, la società giapponese Genepax presentò un’auto sostenendo che fosse alimentata ad acqua. In che maniera? Recuperando l’idrogeno dall’acqua tramite una reazione chimica.

L’auto, in realtà, è elettrica. Si tratta della REVAi, prodotta dalla società indiana Reva Electric Car Company tra il 2001 e il 2012.

Il disclaimer di Genepax

La giapponese Genepax, invece, si occupava di kit di conversione e manuali. In molti avevano notato il disclaimer presente all’epoca nel sito, dove si afferma con assoluta chiarezza che le informazioni fornite «non sono state valutate in modo scientifico né sono state approvate da alcun dipartimento dei trasporti in alcuno stato o paese». Una forma legale per tutelarsi in caso di problemi: «Sebbene non abbiamo motivo di credere che i loro prodotti non funzioneranno, la scelta finale di utilizzo spetta al 100% a te. Ricorda inoltre di assicurarti che la garanzia del tuo veicolo non venga invalidata nel caso in cui tu scelga di seguire le istruzioni dei manuali». Della serie “puoi fidarti di noi, ma ciò che farai è tua responsabilità e non nostra”.

Le critiche sul kit

Il funzionamento del kit venne ampiamente criticato e definito dalla rivista Popular Mechanics «spazzatura». Il problema sollevato riguardava l’energia necessaria per la “reazione chimica”. La “tecnologia” citata da Genepax, Water Energy System (WES), non venne spiegata del tutto dall’azienda. Inoltre, non risultano brevetti.

C’è da dire che Genepax, neanche un anno dopo (il 10 febbraio 2009), decise di chiudere il progetto con la seguente giustificazione: «i costi di sviluppo sono diventati molto elevati».

Conclusioni

L’auto in questione era un modello elettrico indiano dove venne installato un kit della giapponese Genepax. La stessa azienda, attraverso il disclaimer nel suo sito, non si assumeva alcuna responsabilità sull’installazione dei propri kit. Inoltre, affermava candidamente che le informazioni che fornivano non erano supportate scientificamente.

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