Ucraina fuori dalla Nato, soldati europei al confine: ecco il (presunto) piano Trump per finire la guerra. Ma la Russia chiude: «Non ci soddisfa»
La Russia non è soddisfatta del piano di pace per l’Ucraina che Donald Trump avrebbe presentato. Lo ha detto oggi Sergej Lavrov, ministro degli Esteri di Mosca in un’intervista all’agenzia Tass. Secondo il braccio destro di Vladimir Putin, il presidente-eletto degli Stati Uniti – che si insedierà alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio – avrebbe messo sul tavolo in particolare due idee per porre fine al conflitto, che a Mosca però non vanno giù: il rinvio dell’adesione dell’Ucraina alla Nato per 20 anni e il dispiegamento un contingente di peace-keeping formato da soldati di Paesi Ue e del Regno Unito per garantire il rispetto del cessate il fuoco lungo il confine russo-ucraino. La seconda proposta era già filtrata sui media, sostenuta in particolare dal presidente francese Emmanuel Macron, e con meno entusiasmo dall’Italia. Della prima non si conoscevano sin qui i (presunti) dettagli. Ufficialmente, Trump non ha mai fornito indicazioni precise su quale sia il suo progetto per mettere fine alla guerra tra Russia e Ucraina «in 24 ore» dall’arrivo alla Casa Bianca, come più volte promesso in campagna elettorale.
Le perplessità di Mosca e l’attesa per la transizione alla Casa Bianca
Proprio queste due suggestioni, pensate per venire incontro alle “esigenze” di Putin, non avrebbero però sin qui convinto il Cremlino. Trump, ha detto Lavrov nell’intervista alla Tass, «sta parlando di “congelare” le ostilità lungo la linea di ingaggio e di trasferire agli europei l’ulteriore responsabilità di affrontare la Russia. Non siamo certo soddisfatti delle proposte avanzate», ha detto il ministro degli Esteri russo senza specificare le ragioni delle perplessità. Lavrov ha ricordato comunque che Trump s’insedierà solo il 20 gennaio. Come a dire che qualunque trattativa tra Russia e Stati Uniti, fino a quel giorno, non può che passare dall’attuale Casa Bianca, quella guidata da Joe Biden. «Solo l’Amministrazione in carica è autorizzata a impegnarsi con la Russia per conto degli Usa: questo accade di tanto in tanto, ma in tali contatti non si parla di trattative con l’Ucraina», ha svelato Lavrov.
I missili a corto e medio raggio
Ma c’è un’altra questione evocata dal ministro degli Esteri ai media russi che potrebbe contribuire ad alzare i toni dello scontro con l’Occidente. La Russia, ha annunciato Lavrov all’agenzia Ria Novosti, eliminerà la proposta di moratoria sul dispiegamento di missili a corto e medio raggio. «Stiamo valutando la situazione sulla base di un’analisi delle azioni destabilizzanti di Usa e Nato nella sfera strategica e, di conseguenza, dell’evoluzione delle minacce che ne derivano», ha spiegato il titolare del ministero degli Esteri russo. «Oggi – ha aggiunto Lavrov – è chiaro che la nostra moratoria sullo spiegamento di missili a corto e medio raggio non è più praticabile e dovrà essere abbandonata poiché gli Usa hanno schierato tali armi in varie regioni del mondo, ignorando con arroganza gli avvertimenti di Russia e Cina».
Il trattato sulle armi nucleari strategiche in scadenza nel 2026
Nel febbraio 2026 scadrà il New Start, il trattato internazionale sulla riduzione delle armi nucleari strategiche. Lavrov ha detto di non sapere cosa accadrà in vista di quella data, anche perché «molte cose possono ancora accadere nel prossimo anno». Nel 2019, prima dell’invasione russa in Ucraina, gli Stati Uniti si sono ritirati dal trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces) sulla distruzione dei missili nucleari a medio e corto raggio. Il documento era stato firmato nel 1987 dal presidente americano Ronald Reagan e dal suo omologo sovietico Mikhail Gorbaciov. Negli ultimi anni, Mosca ha ribadito in più occasioni che non avrebbe dispiegato missili nucleari a medio e corto raggio se gli Stati Uniti non lo avessero fatto per primi.
In copertina: Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov al vertice Osce di Malta, 5 dicembre 2024 (EPA/Domenic Aquilina)