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La lettera di Azar Nafisi: «Cara Cecilia non sei sola»

30 Dicembre 2024 - 07:30 Alba Romano
azar nafisi cecilia sala lettera
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Le parole della scrittrice e anglista iraniana residente negli Stati Uniti su La Stampa: «Il regime vuole che tu ti senta sola, che ti convinca di essere stata dimenticata dal mondo. Non è così»

Questa è una lettera che Azar Nafisi, scrittrice e anglista iraniana residente negli Stati Uniti, ha scritto rivolgendosi alla giornalista arrestata a Teheran, Cecilia Sala. La riporta oggi La Stampa, ricordando l’ultima opera di Nazar Nafisi “Leggere pericolosamente” (edizioni Adelphi) mentre il suo romanzo più famoso, “Leggere Lolita a Teheran”, ha ispirato l’omonimo film diretto da Eran Riklis. «Cara Cecilia Sala, pur non essendoci mai incontrate, mi sento molto vicina a te. E mi interrogo. Qual è la ragione di tanta familiarità con una giovane donna che vive in un altro Paese e parla una lingua diversa? Tu parli però anche un idioma che trascende i limiti imposti alle nostre vite dalla realtà. È l’idioma del cuore e della verità», riporta l’anglista. «Io ti conosco attraverso il mio cuore e la mia anima. Mi ricordi quelle migliaia di donne iraniane che all’inizio della rivoluzione islamica si riversarono nelle strade di Teheran e di altre città per ribellarsi contro la fatwa dell’ayatollah Khomeini che imponeva loro di indossare, obbligatoriamente, l’hijab. Guardo oggi le tue foto e mi riportano indietro fino a quarantacinque anni fa, quel coraggio, quelle voci femminili che cantavano “La libertà non è né orientale né occidentale. La libertà è universale”», scrive Nafisi.

«Non hai armi, né milizie, né pistole: perché dunque quei tiranni ti considerano tanto pericolosa?»

La scrittrice ricorda che la giornalista ha dato «voce alle figlie e alle nipoti di quelle donne che già allora sapevano quanto la libertà sia universale. Tu capisci che “Donna, vita, libertà”, il nuovo slogan del popolo iraniano contro la teocrazia, non è solo un’affermazione politica, è esistenziale. Ci ricorda che vita senza libertà significa morte. Tu lo sai, e sai che la battaglia per i diritti delle donne in Iran rimbalza in tutto il mondo proprio attraverso il lavoro di donne come te». Perché per Nazar Afisi Sala non è in prigione perché ha fatto qualcosa di sbagliato bensì perché, al contrario, perché ha fatto «coraggiosamente qualcosa di giusto diventando «voce di coloro che sono stati silenziati. Non hai armi, né milizie, né pistole: perché dunque quei tiranni ti considerano tanto pericolosa? Sei pericolosa perché la tua forza sta nel raccontare la verità, smascherare le bugie».

«Non sei sola, siamo con te»

E infine: «Il regime vuole che tu ti senta sola, che ti convinca di essere stata dimenticata dal mondo. Non è così. Potresti trovarti in queste ore nel più rigido isolamento, ma sappilo, non sei sola. Quando eri libera hai speso tutto quanto fosse in tuo potere per dare voce a chi non ce l’aveva e per dare speranza dove non era rimasto nulla a cui aggrapparsi. Adesso tocca a noi riempire di parole il tuo silenzio forzato e accendere una luce nel buio più buio. Tu, cara Cecilia Sala, non sei sola. Siamo con te. E ci porti ancora tanta speranza».

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