«Ha violato le leggi della Repubblica Islamica»: l’Iran conferma l’arresto della giornalista Cecilia Sala
«Ha violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran». È questa la motivazione dietro l’arresto della giornalista Cecilia Sala, messa nero su bianco in una nota del dipartimento generale dei Media Esteri del ministero della Cultura e dell’orientamento islamico dell’Iran. «La cittadina italiana è arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico ed è stata arrestata il 19 per aver violato la legge della Repubblica islamica dell’Iran. Il suo caso è sotto inchiesta. L’arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente e l’ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l’accesso consolare ed il contatto telefonico con la famiglia. Saranno forniti ulteriori dettagli se la magistratura lo riterrà necessario», recita il comunicato, riferito dall’agenzia di stampa iraniana Irna.
Cos’è successo a Cecilia Sala
Cecilia Sala, nota reporter del Foglio e di Chora Media , è stata arrestata lo scorso 19 dicembre 2024 a Teheran (Iran), poche ore prima del suo previsto rientro in Italia. Sala era entrata in Iran il 13 dicembre con un regolare visto di soggiorno e lavoro, concesso dall’ambasciata iraniana in Italia, per realizzare una serie di interviste giornalistiche. Nei giorni precedenti all’arresto aveva pubblicato tre episodi del suo podcast Stories, raccontando la realtà iraniana attraverso tre testimonianze: Diba, una studentessa di 21 anni che ha parlato del patriarcato; Hossein Kanaani, fondatore dei pasdaran e figura vicina al regime; Zeinab Musavi, comica arrestata per la sua satira. Una delle puntate, però, non è mai arrivata, e la redazione ha lanciato l’allarme alla famiglia, che si è messa in contatto con la Farnesina.
Detenuta nel famigerato carcere di Evin
Sala è attualmente detenuta nel famigerato carcere di Evin, noto per le dure condizioni e le frequenti detenzioni di giornalisti, attivisti e dissidenti politici. Si trova in isolamento e ha avuto modo di fare una sola telefonata alla madre, durante la quale ha pronunciato frasi che sembrano suggerire la lettura di un testo preconfezionato. Ha ripetuto che non ha subito violenze fisiche, ma ha fatto capire di non poter diffondere ulteriori dettagli.
Il possibile intreccio internazionale con l’iraniano arrestato in Italia
Il giorno prima dell’arresto di Cecilia Sala, un comunicato degli Stati Uniti aveva svelato un episodio che sembra intrecciarsi con la vicenda. All’aeroporto di Malpensa, le autorità italiane hanno fermato Mohammad Abedininajafabadi, cittadino svizzero-iraniano di 38 anni, su richiesta degli Usa. Non ci sono ancora conferme sulla correlazione tra i due casi, ma è difficile ignorare questa coincidenza, soprattutto considerando che i regimi spesso ricorrono alla detenzione di cittadini stranieri come forma di ritorsione o pressione diplomatica. L’uomo è accusato di aver violato l’International Emergency Economic Power Act e di aver fornito supporto a un’organizzazione terroristica straniera. Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe gestito una società schermo per il traffico di droni utilizzati dai pasdaran, tra cui quelli coinvolti in un attacco in Giordania che, lo scorso 28 gennaio, ha causato la morte di tre soldati americani. Oggi, il suo avvocato ha presentato istanza per chiedere i domiciliari al suo imputato in un’abitazione già individuata in Italia. La Corte d’Appello di Milano ha un termine di 48 ore per programmare l’udienza relativa all’istanza. Il 38enne è attualmente recluso nel carcere di Opera, dopo essere stato inizialmente detenuto a Busto Arsizio e successivamente trasferito a Rossano Calabro, dove è stato sottoposto al regime di alta sicurezza. Il 27 dicembre è stato infine spostato nuovamente nella struttura penitenziaria di Opera.