Lo stormo in pista, i motori in fallout, il carrello e quel muro: gli sfortunati eventi che hanno portato allo schianto del volo in Corea del Sud
Ci sono una serie, lunga, di sfortunate variabili nel tragico incidente del Boeing 737-800 della Jeju, compagnia low cost sudcoreana, dove hanno perso la vita 179 persone (con soli due superstiti), con lo schianto a terra nello scalo di Muan. Li elenca oggi Il Messaggero, in un pezzo a firma di Marco Ventura. Il primo fattore è il “bird strike”, quando l’agenzia di volo sudcoreana segnala ai velivoli dell’aeroporto sudcoreano di Muan la presenza di uno stormo di uccelli lungo la rotta di avvicinamento alla pista 1. La segnalazione avviene alle 8.57, troppo tardi per il Boeing per effettuare delle manovre per evitarlo. Sessanta secondi dopo l’aereo impatta con lo stormo. Inizia il dramma. Dopo il “bird strike” arriva il cedimento dei motori, con collasso dei sistemi idraulici, durante il go around, ovvero un’inversione per poi atterrare sulla stessa pista, ma dalla parte opposta. Manovra difficile. Anche perché i carrelli, ritratti per riprendere quota, avrebbero dovuto nuovamente scendere con un’azione manuale che non c’è stata. Una mossa che Antonio Bordoni, esperto di sicurezza del volo col sito air-accidents.com, spiega a Il Messaggero, come sbagliata. Se l’aereo fosse rimasto nella pista 1 forse la tragedia non ci sarebbe stata. «L’aereo HL8088 della Jeju in volo da Bangkok ha cercato di atterrare sulla pista 1 di Muan. Pochi minuti
prima, il ministero dei Trasporti della Corea del Sud aveva lanciato l’allerta bird strike e da allora è cominciata una serie negativa di eventi. Invece di atterrare, con i motori fuori uso i piloti si sono trovati a dover fare un’inversione di rotta per il cambio di pista. Il Boeing è poi atterrato a metà della numero 19, a quanto pare senza i carrelli fuori, ed è uscito di pista andando a impattare con quel muro che non doveva esserci».
Il dibattito sul carrello dei Boeing che, calato, avrebbe cambiato forse il destino del volo
L’assenza di carrello nel secondo tentativo di atterraggio sudcoreano, spiega il Messaggero, ha fatto ricordare che lo scorso giugno l’americana Federal Aviation Agency (FAA) aveva ordinato alla Boeing una manutenzione speciale e la rimozione di oltre 300 assemblaggi di carrelli che erano stati riparati in modo improprio. Anche perché il rischio non era la mancata uscita del carrello, ma bensì la sua caduta. Nel primo tentativo di atterraggio del volo sudcoreano il carrello era sceso correttamente. «Sì, ma poi gli è stato detto di fare il giro, il carrello è stato ritirato, gli hanno detto di atterrare nella direzione opposta e i motori sono andati in fallout, hanno ceduto. Bisognava azionare l’Apu, il sistema ausiliario di energia, che impiega 2 minuti per entrare in funzione. È possibile che i piloti neanche si fossero accorti di atterrare senza carrello», ha spiegato Bordoni. L’ipotesi malfunzionamento non è fattibile. «No. L’aereo aveva 15 anni, senza incidenti – sottolinea l’esperto – e non era un Boeing Max. Il bird strike, insieme alle turbolenze in volo, è la causa più frequente di incidenti. Le turbolenze sono invisibili, l’unico modo per evitarle è il passaparola coi piloti che le attraversano prima. Quest’anno c’è stato il primo morto per turbolenze, un britannico 82enne su un volo da Londra a Singapore».
(in copertina i pianti dei parenti delle vittime allo scalo Muan, foto EPA/YONHAP Media Only SOUTH KOREA OUT)