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«Mio nipote non era un terrorista». Le parole dello zio di Muhammad, l’egiziano ucciso a colpi di pistola dai carabinieri la notte di Capodanno

04 Gennaio 2025 - 09:11 Stefania Carboni
egiziano ucciso rimini
egiziano ucciso rimini
L'episodio a Villa Verucchio, nel Riminese. Prima il 23enne aveva accoltellato a caso quattro passanti per strada. Dopo essersi negato ai militari è stato aperto il fuoco. In un video le ipotesi: inneggiava all'Islam

«Mio nipote non era un terrorista, non era radicalizzato, non apparteneva ad alcun gruppo. Lui era estraneo a certi ambienti». Queste le parole al Corriere Romagna di Samir Mahmud Alfar, fratello della mamma di Muhammad Abdallah Abd Hamid Sitta, l’egiziano 23enne che la notte di Capodanno ha accoltellato quatto persone prima di essere fermato dai carabinieri e ucciso da colpi di pistola sparati dal comandante della stazione di Verucchio (Rimini). La famiglia di Muhammad si è rivolta all’avvocato Alvaro Rinaldi. Si dice dispiaciuta per l’accaduto. «La nostra solidarietà va alle vittime di mio nipote, ci dispiace se ha fatto del male a quelle persone e a quei ragazzi come lui. Chiediamo perdono per lui che ora non c’è più. Noi vogliamo solo sapere cosa è successo e come sono andate le cose», spiega lo zio. Anche il cugino del 23enne ha dubbi: «Non si poteva evitare di sparare? Vogliamo giustizia». Secondo quanto emergerebbe dall’inchiesta prima di aggredire i passanti e di fronteggiare il carabiniere il 23enne ha pronunciato anche una «professione di fede islamica». Parole che, secondo quanto sottolinea oggi il Corriere della Sera, sarebbero contenute in un video, consegnato poi ai carabinieri, che un testimone aveva girato in quegli attimi concitati e drammatici prima dello scoccare della mezzanotte di Capodanno, a Villa Verucchio, nel Riminese.

L’autopsia

Il corpo di Muhammad al momento è ancora a disposizione della magistratura. Giovedì è stata eseguita l’autopsia. Un accertamento irripetibile che la Procura della Repubblica ha disposto e la dottoressa Donatella Fedeli ha eseguito alla presenza del consulente di parte, il dottor Paolo Balli, nominato dall’avvocato Tommaso Borghesi, legale della difesa del luogotenente Luciano Masini, capitano che ha esploso il colpo e ora iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di eccesso di difesa. Se vi fosse stato il tempo probabilmente, spiegano i media locali, anche i genitori di Muhammad avrebbero nominato un loro consulente. «Si sono rivolti a me ieri (giovedì, ndr) ma l’incarico non è ancora perfezionato – ha spiegato l’avvocato Rinaldi – perché devono arrivare dei documenti dal Consolato d’Egitto che dimostri l’effettiva parentela. Hanno chiesto di avere la possibilità di portare in Patria il congiunto e senza alcuna voglia di rivalsa o di vendetta hanno solo chiesto di poter avere dei chiarimenti sull’accaduto».

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