Roberto Vecchioni: «Luci a San Siro non c’entra niente con lo stadio. Mio figlio Arrigo? Soffriva nel vedermi bere»
La donna di cui canta Roberto Vecchioni in Luci a San Siro è stata il primo vero amore del cantautore lombardo. A rivelarlo è lui stesso in una lunga intervista concessa ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. «Siamo stati insieme quattro anni. Non è stata la mia prima volta, ma fu con lei la scoperta del sesso, un’emozione fortissima. Quando mi lasciò fu terribile. Mi pareva di aver perso l’unica donna del mondo», racconta Vecchioni nell’intervista. La canzone nasce in realtà quando lui era al Centro addestramento reclute di Casale Monferrato, definito «un luogo di una tristezza spaventosa».
Le vere «luci a San Siro»
Vecchioni racconta che fu lasciato dalla sua ragazza proprio due giorni prima di partire per il militare. E fu proprio lì che nacque Luci a San Siro, uno dei brani più celebri del suo repertorio musicale. «Avevo una chitarra, ma non riuscivo proprio a scrivere una canzone su un amore finito. Era un sentimento così forte, mi pareva che le parole non bastassero», racconta Vecchioni. Il brano, alla fine, lo scrisse non in caserma, ma a casa, durante una licenza. Anche se le luci a cui fa riferimento il cantautore nato in Brianza non sono quelle dello stadio, come tutti pensano. «Sono le luci che scorgevamo dalla montagnola di San Siro, quella innalzata con le rovine delle case bombardate. Andavamo là a nasconderci e a fare l’amore. E poi Settimo Milanese, Sesto San Giovanni, il laghetto di Redecesio vicino all’Idroscalo… strade bellissime, vicende fantastiche», racconta Vecchioni.
L’incontro con Daria Colombo
Una volta passato il dolore per quell’amore giovanile finito male, Vecchioni incontrò Daria Colombo, la donna con cui sta da quarantatré anni. «Quando la vidi pensai: “ma davvero esiste una creatura così?” Non avevo mai visto una donna tanto bella in vita mia. La chiamai, le chiesi di uscire. Il mattino dopo la richiamai: “Vuoi uscire anche stasera?”. È stato un corteggiamento lungo. Una battaglia. Ma sapevo che era la mia compagna. Infatti mi ha salvato la vita, tante volte», racconta il cantautore.
La morte del figlio Arrigo
E a proposito di famiglia, nell’intervista al Corriere si parla anche del figlio Arrigo, morto nel 2023. Vecchioni lo ricorda così: «Un ragazzo che non apparteneva a questo mondo: per discrezione, generosità, senso dell’umorismo. Era fantastico con i bambini. Vale per lui quello che ho scritto in una canzone per Van Gogh: “Questo mondo non si meritava un uomo bello come te”». Il cantante rivela che ancora oggi, «qualche notte, quando Daria dorme, mi ritrovo a piangere». Nè lui né la moglie, racconta Vecchioni, avevano «mai pensato al suicidio. La malattia mentale viene ancora affrontata come una vergogna; invece se ne deve parlare. Forse io e Daria scriveremo un libro. Un tempo io bevevo soprattutto superalcolici, lui soffriva nel vedere il suo papà, una persona importante, che si distruggeva così, di certo anche io ho le mie colpe».
L’incontro con Guccini a Sanremo
Nella lunga intervista al Corriere della Sera, Vecchioni racconta anche di un curioso incontro con Francesco Guccini di tanti anni fa a Sanremo. «Lui mi fece: “tu sei quello dello stadio che si illumina?”. Io risposi: “e tu sei quello del trenino che si va a schiantare?”. Poi facemmo a gara a chi beveva di più. Lui aveva una bottiglia di bourbon, io di whisky. Le scolammo entrambe». E alla fine chi vinse? «Eravamo troppo ubriachi per stabilirlo», ricorda Vecchioni.
I tre motivi per cui Roberto Vecchioni crede in Dio
Ora Vecchioni è astemio da dieci anni. E ha smesso «proprio perché l’alcol mi distraeva dai figli, ma ad Arrigo non è bastato. E quanto Aldo Cazzullo gli chiede se crede in Dio, il cantante risponde senza giri di parole: «Sì, per almeno tre motivi. Il primo è scientifico. Il mondo non è perfetto. Dio ci ha cacciati dal Paradiso terrestre per darci il libero arbitrio, la libertà di sbagliare, l’imperfezione. Il cui alter ego è appunto la perfezione, il riscatto, la rivincita». Il secondo motivo per cui Vecchioni crede in Dio ha a che fare con «l’inspiegabilità delle emozioni». Infine, la terza e ultima prova della sua esistenza: «Il mondo è diviso in quello che c’è, e in quello che non c’è ancora. Dalla ruota al bosone, la scienza e la tecnica compiono scoperte, non invenzioni: trovano cose che c’erano già. La creazione artistica crea dal nulla. Dal nulla nasce la parola. Nell’arte umana c’è una scintilla divina».