Rosy Bindi: «Piersanti Mattarella fu ucciso perché era ritenuto l’erede di Aldo Moro»
«Penso che Piersanti Mattarella sia stato ucciso per due motivi, entrambi profondi. Il primo legato alla funzione di presidente della regione, perché stava lavorando per una regione che rispettasse le leggi» e il secondo per la sua «volontà di proseguire nella politica di intesa con il Pci avviata da Moro». Queste le parole, in un’intervista a Francesco Bei su Repubblica, di Rosy Bindi, ex presidente della commissione Antimafia, all’indomani della notizia secondo cui la procura di Palermo avrebbe individuato in Nino Madonia, esecutore materiale, e Giuseppe Lucchese, che guidava l’auto della fuga, entrambi in carcere da oltre 30 anni, i killer di Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Capo dello Stato, ucciso il 6 gennaio del 1980.
Mattarella, per Bindi, «stava lavorando per una regione con le carte in regola. Era convinto che, se la Sicilia avesse iniziato a rispettare le leggi, la mafia non avrebbe più avuto ossigeno. Non era un uomo dell’antimafia retorica. Naturalmente agli occhi dei mafiosi questo modo di procedere rappresentava un grande ostacolo ai loro affari». «Come presidente della Regione Siciliana – dichiara l’ex presidente della commissione Antimafia -, faceva in modo che l’amministrazione fosse trasparente e, per esempio, che non si truccassero più gli appalti. Applicava l’articolo 54 della Costituzione, quello che impone disciplina e onore ai funzionari pubblici». E infine, spiega, c’è la questione politica, «perché Mattarella era il vero erede di Aldo Moro. Teniamo presente che in Sicilia Mattarella aveva portato a termine l’operazione morotea, varando una giunta con l’appoggio esterno del Pci. Siamo alla vigilia del congresso della Dc, quello del famoso preambolo. Quello in cui Donat Cattin porta la Dc a rompere con la collaborazione con il Pci. Se ci fosse stato Mattarella in vita, probabilmente questa svolta non ci sarebbe stata».