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Il ciclone Donald Trump: «Panama e Groenlandia? Potremmo prenderle con la forza. Hamas liberi gli ostaggi o scateno l’inferno» – Il video

07 Gennaio 2025 - 19:26 Simone Disegni
Il presidente eletto minaccia alleati e avversari in conferenza stampa: «Basta pagare per gli altri, gli europei investano il 5% del Pil in difesa»

Per Donald Trump contano solo gli Stati Uniti. Tutti gli altri altri, alleati o meno, farebbero meglio a preoccuparsi, o quanto meno ad attrezzarsi al ciclone in arrivo. È il senso della conferenza stampa fiume tenuta stasera dal presidente eletto degli Usa, la cui vittoria è stata certificata ieri dal Congresso. Dall’Europa al Canada, dal Messico alla Cina, Trump ne ha per tutti. Il prossimo presidente Usa ha ribadito apertamente di mirare ad appropriarsi sia del Canale di Panama che della Groenlandia. E a domanda specifica di un cronista ha detto di «non escludere» di usare in futuro la forza economica o militare per raggiungere tali obiettivi. «Ne abbiamo bisogno per la sicurezza economica», ha spiegato serafico Trump. Quanto di più simile, specie nel secondo caso, ad una minaccia di annessione armata di un territorio straniero. Per evitare di arrivare a uno scontro sulla Groenlandia, ha lasciato intendere poi il tycoon, la Danimarca potrebbe scendere a patti autonomamente. Anche perché se così non sarà lui è pronto a porre dazi contro quel Paese. Quanto a Panama, per Trump l’intera storia del Canale è assurda: «Abbiamo speso tutti quei soldi, i nostri uomini sono andati lì per costruirlo e sono morti di malaria. Per poi darlo via per 1 dollaro?», ha attaccato il leader repubblicano. Sempre guardando a sud, Trump ha criticato pure il Messico e ha proposto di cambiare pure il nome del Golfo omonimo. «Lo chiameremo Golfo d’America, che bel nome!», ha detto il presidente eletto nella conferenza stampa da a Mar-a-Lago.

Le minacce agli alleati Nato

All’indomani dall’annuncio di dimissioni di Justin Trudeau, Trump ha rinnovato i suoi attacchi pure contro il vicino a nord, il Canada. «Pensate che meraviglia sarebbe se Stati Uniti e Canada fossero insieme. Adoro i canadesi, ho un sacco di amici lì, ma perché mai dobbiamo spendere centinaia di miliardi l’anno per proteggere il Canada? Non ci serve nulla di ciò che loro producono, eppure siamo in deficit colossale. Abbiamo il diritto di non difenderla». Almeno su questo versante, comunque, Trump ha escluso il ricorso della forza militare per cambiare lo status quo. «Useremo la forza economica», ha detto. E l’Europa? Fino a prova contraria l’espansionismo trumpiano non arriva così lontano (benché la Groenlandia ne sia tecnicamente parte, come territorio autonomo della Danimarca). Gli alleati europei devono mettersi in tesa però un altro ultimatum, sin qui spifferato solo in un retroscena del Financial Times e ora invece formalizzato: gli Usa non ne possono più di sostenere quasi da soli la Nato, gli alleati dovrebbero spendere «il 5% del Pil in difesa. Tutti possono permetterselo». Oggi il target di spesa fissato nella Nato è al 2%, ma la maggior parte dei Paesi europei ne sono ben lontani. L’Italia, nonostante un progressivo aumento negli ultimi anni, non arriva a investire neppure l’1,5%.

Cessate il fuoco a Gaza entro il 20 gennaio «o sarà l’inferno»

Quanto al Medio Oriente, infine, l’avvertimento principale è stato mandato a Hamas e in seconda istanza a Israele. Per riferire sulle trattative in corso per concretizzare la promessa di «mettere fine alla guerra» nella Striscia di Gaza, Trump ha lasciato per qualche minuto la parola a Steve Witkoff, suo inviato speciale per il Medio Oriente. «Stiamo facendo progressi, un ottimo lavoro a Doha», ha detto Witkoff, annunciando il suo ritorno nella capitale del Qatar che ospita i negoziati indiretti Israele-Hamas già domani. «Spero seriamente che entro il 20 gennaio avremo un buon annuncio da fare. La statura e la reputazione del presidente Trump, le cose che ha detto e le linee rosse che ha posto pesano molto sui negoziati», ha assicurato. E anche in questo caso, se il risultato non sarà conseguito Trump minaccia fuoco e fiamme. Lo ha ribadito a più riprese riprendendo la parola: «Se gli ostaggi non sono a casa entro il giorno dell’Inaugurazione sarà l’inferno totale in Medio Oriente, e Hamas sa cosa lo aspetta. Non c’è bisogno che specifici cosa significa». A ciascuno, ora, i suoi calcoli e ragionamenti.

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