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La lite al telefono con Giorgia Meloni dietro l’addio di Elisabetta Belloni: «Non ne potevo più»

elisabetta belloni lite giorgia meloni dimissioni
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I contrasti con Mantovano e Tajani sul caso Sala. Il colloquio «aspro e teso» con la premier. L'accusa di aver dato la notizia ai giornali. E il caso del G20 a Rio de Janeiro in cui il capo dei servizi segreti si è sentita scavalcata

Elisabetta Belloni lascerà la guida del Dis il 15 gennaio. Ma non ha incarichi pronti a Bruxelles. Il capo dei servizi segreti, dopo le indiscrezioni sul suo addio, ha fatto sapere che si tratta di «una decisione personale». Ma oggi i giornali parlano di spaccature e incomprensioni dietro l’addio ai servizi segreti. Di contrasti con Antonio Tajani e Alfredo Mantovano. Ma anche di una telefonata ieri mattina con Giorgia Meloni. Tesa e aspra, secondo le fonti. Nella quale la premier ha accusato Belloni di aver dato la notizia ai giornali. Mentre lei dice che «non ne potevo più. Perché trascinare le cose così non era giusto e non aveva senso». E nei retroscena si descrive Mantovano come «un uomo ossessionato dal controllo» e Tajani come «un ministro politicamente debole». E il caso Sala come classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Il dossier Sala

Belloni, spiega oggi il Corriere della Sera, è stata tenuta lontana dal dossier sull’arresto della giornalista romana in Iran. Accentrato invece su Palazzo Chigi e gestito dall’Aise di Gianni Caravelli. La lettera di dimissioni è arrivata prima di Natale. E prima dell’incarico di rappresentante personale di Ursula von der Leyen che invece rimane sul piatto al di là delle smentite. Il problema nasce quando Belloni comincia a vedere il suo nome girare per il ministero degli Affari Esteri e la delega al Pnrr, lasciate libere dal trasloco a Bruxelles di Raffaele Fitto. A Belloni viene proposto il ruolo e arriva un’opposizione radicale del ministro degli Esteri. Quella del suo addio, fa sapere ancora Belloni a Repubblica, «è una notizia che certo non ho dato io». Perché «chiunque mi conosce sa che non sono una persona che decide di lasciare un incarico solo se ha la garanzia o la certezza di riceverne uno nuovo».

Il G20 a Rio

Poi c’è il G20 di Rio de Janeiro. Dove chi ha modo di incrociare Belloni nota difficoltà. «Faceva fatica a dissimulare la sua crescente insofferenza e irrequietezza e persino l’entourage della premier sembrava viverla con fastidio», è il racconto. La telefonata con la premier arriva invece in mattinata, subito dopo la pubblicazione della notizia del suo addio. Un colloquio «difficile». In cui la premier la accusa in qualche modo di slealtà proprio per la pubblicazione della notizia del suo addio. Perché sostiene che il 23 dicembre si era raggiunto un accordo per un percorso soft sulla successione. Ovvero facciamo passare le feste e poi costruiamo assieme una transizione ordinata alla guida del Dis. Con la scelta del nuovo direttore. Invece non è andata così.

L’accusa

Per Belloni invece la notizia del suo addio non arriva da lei ma dal governo. E sostiene che metodo e tempistica mettono in difficoltà anche lei. Che ricorda come il viaggio del 4 gennaio della premier abbia in qualche modo peggiorato la sua situazione. Visto che la direttrice non ha accompagnato la premier. Anche se non era ancora pubblica la notizia delle sue dimissioni. Sul caso Sala, spiega La Stampa, Belloni ha idee molto differenti rispetto alla trattativa odierna. Si sarebbe mossa diversamente, ha detto ad alcuni collaboratori. Contraria all’idea di indispettire gli alleati americani, avrebbe cercato contropartite con l’Iran – nell’area geografica di influenza e sul fronte economico – invece di insistere subito con lo scambio di Abedini. Infine c’è la nomina di Francesco Paolo Figliuolo a vice dell’Aise. Per l’incarico lei aveva pensato a un uomo di sua fiducia, ovvero Nicola Boeri. Ma Palazzo Chigi da tempo nutre sospetti di scarsa riservatezza da parte dei servizi e di alcuni agenti di polizia. La rottura è nell’aria. Ed ora è arrivata.

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