Meta si prepara al ritorno di Trump eliminando il programma di fact checking negli Usa: «Saranno gli utenti a segnalare i contenuti falsi»
Niente più fact-checker, saranno gli utenti a segnalare i contenuti che diffondono disinformazione. Ad annunciare la novità è Mark Zuckerberg, fondatore e ceo del colosso dei social media Meta, che taglierà significativamente le sue politiche di moderazione dei contenuti e metterà fine al programma di fact-checking di terze parti negli Stati Uniti. «Ci libereremo dei fact-checker e li sostituiremo con note della comunità simili a X (ex Twitter), a partire dagli Stati Uniti», ha spiegato l’imprenditore americano con un video pubblicato sui social.
La giravolta sui fact-checker
A fare le spese della nuova politica di moderazione dei contenuti di Meta saranno soprattutto i fact-checker, che Zuckerberg accusa di essere «troppo politicamente di parte» e di aver «distrutto più fiducia di quanta ne abbiano creata». Le attuali politiche del colosso dei social media si basano in larga parte su collaborazioni con testate indipendenti di fact-checking, tra cui Open in Italia, a cui Meta si affida per la verifica di alcuni contenuti che circolano sulle sue piattaforme. Un sistema che oggi Zuckeberg sembra intenzionato a smantellare: «Quello che è iniziato come un movimento per essere più inclusivi è stato sempre più utilizzato per mettere a tacere le opinioni ed escludere le persone con idee diverse, ed è andato troppo oltre», prosegue la spiegazione dell’imprenditore.
I rapporti tesi tra Zuckerberg e Trump
La decisione di Meta di tagliare drasticamente le iniziative contro la disinformazione arriva a meno di due settimane dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Un nuovo corso a cui Zuckerberg vuole farsi trovare preparato, se non altro per evitare di diventare un bersaglio della nuova amministrazione americana. Dopo l’insurrezione del 6 gennaio 2021, le piattaforme di Meta chiusero gli account social di Trump, accusato di diffondere odio e disinformazione. «Questa volta se fa qualcosa di illegale passerà il resto della sua vita in prigione», ha minacciato il tycoon, riferendosi proprio a Zuckerberg, nel corso della campagna elettorale delle ultime presidenziali.
Il flirt di Zuckerberg con la Casa Bianca
Dopo la vittoria di Trump, Zuckerberg ha cercato di ricucire i rapporti mandando diversi segnali di distensione al nuovo inquilino della Casa Bianca. Lo scorso dicembre, poco dopo le elezioni presidenziali, il patron di Meta ha fatto visita al presidente-eletto nella sua residenza di Mar-a-Lago, donandogli un assegno da un milione di euro per la cerimonia di insediamento del 20 gennaio. Nei giorni scorsi, il riposizionamento politico del colosso californiano si è fatto ancora più evidente, con Joel Kaplan – repubblicano ed ex capo di gabinetto di George W. Bush – nominato come nuovo presidente per gli affari globali di Meta. Nel nuovo CdA, che comprende (un po’ a sorpresa) anche John Elkann, c’è poi Dana White, patron della Ultimate Fighting Championship (Ufc) e storica alleata di Donald Trump.
Cosa cambierà su Facebook e Twitter
Le novità annunciate da Zuckerberg renderanno le politiche di moderazione dei contenuti su Facebook e Instagram molto simili a quelle attualmente in vigore su X, la piattaforma social di proprietà di Elon Musk, che consente agli utenti di aggiungere contesto a post ritenuti controversi o fuorvianti. «Lavoreremo col presidente Trump per respingere i governi di tutto il mondo che se la prendono con le società americane e premono per una censura maggiore», ha aggiunto il ceo di Meta.
L’accusa all’Ue: «Istituzionalizza la censura»
Il taglio ai programmi di fact-checking, come detto, si applicherà a partire dagli Stati Uniti, mentre non è chiaro come cambieranno le cose in Italia e nel resto dei Paesi dell’Unione europea, dove i colossi dei social sono obbligati per legge a prevenire la diffusione di contenuti che promuovono odio e disinformazione. Bruxelles, accusa Zuckerberg, ha approvato «un sempre crescente numero di leggi che istituzionalizzano la censura e rendono più difficile realizzare qualsiasi innovazione lì». I Paesi latino americani, continua il ceo di Meta, «hanno tribunali segreti che possono ordinare alle aziende di eliminare cose silenziosamente», mentre «la Cina ha censurato le nostre app impedendone persino il funzionamento nel Paese». Insomma, secondo Zuckerberg sono gli Usa ad avere «le più forti protezioni costituzionali al mondo per la libera espressione». Anche se l’imprenditore non risparmia una frecciatina anche all’amministrazione Biden: «È stato così difficile negli ultimi quattro anni, quando persino il governo Usa ha premuto per la censura andando contro di noi e altre compagnie Usa».
In copertina: Mark Zuckerberg durante un viaggio a Tokyo, in Giappone, 27 febbraio 2024 (EPA/Jiji Press)