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Regno Unito, perché Musk accusa il premier Starmer di aver coperto gli stupri di una gang di pedofili

07 Gennaio 2025 - 15:57 Bruno Gaetani
musk starmer
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La vicenda riguarda un gruppo di adescatori, per lo più di origine pachistana, condannati per aver stuprato centinaia di ragazze inglesi tra la fine degli anni Novanta e il 2013. Starmer era a capo del Crown Prosecution Service, che inizialmente decise di non procedere con l'azione penale

Tra un elogio all’ultradestra di Alternative für Deutschland e un insulto ai commissari europei, c’è un politico che da qualche tempo è diventato uno dei bersagli preferiti di Elon Musk. Si tratta del premier britannico Keir Starmer, che il miliardario sudafricano ha accusato di essere «complice» di una maxi-rete di pedofili che ha compiuto abusi sessuali su migliaia di bambine e ragazze nel Regno Unito. La raffica di tweet di Elon Musk ha costretto a intervenire lo stesso inquilino di Downing Street, che ha invitato lo strettissimo alleato del presidente-eletto Donald Trump a smetterla di «diffondere bugie e disinformazione». Ma da dove nasce la storia di abusi sessuali riportata alla ribalta da alcuni media conservatori inglesi? E quanto c’è di vero nelle pesantissime accuse lanciate da Musk contro Starmer?

L’inchiesta sulle gang di pedofili

La contesa tra i due ruota attorno a una vicenda molto discussa nel Regno Unito e che riguarda un gruppo di adescatori, per lo più di origine pachistana, condannati per aver stuprato centinaia di ragazze inglesi. A fare luce sulla questione fu soprattutto Andrew Norfolk, giornalista del Times. Fu lui, nel 2012, il primo a rivelare che gli abusi sessuali nella città di Rotherdam, in Inghilterra, erano molto più diffusi di quanto si pensasse e, soprattutto, che la polizia era a conoscenza della situazione da oltre dieci anni. Le inchieste giornalistiche di Norfolk spinsero le autorità locali a commissionare un’indagine indipendente, guidata dall’accademica Alexis Jay. Il suo rapporto concluse che almeno 1.400 bambine e ragazze erano state stuprate a Rotherham tra il 1997 e il 2013 da un gruppo di adescatori pedofili, quasi tutti di origine pachistana.

Gli errori e il riscatto del Cps

Scandali simili furono scoperti anche in altre città del Regno Unito, tra cui Oldham, Oxford, Rochdale e Telford. Nacque così un’inchiesta nazionale sugli abusi sessuali sui minori, guidata anche questa volta da Alexis Jay. A occuparsi di questi casi fu il Cps (Crown Prosecution Service), un organismo indipendente guidato tra il 2008 e il 2013 proprio da Keir Starmer. Il Cps britannico non svolge attività investigative, ma puramente legali. In altre parole, decide se procedere con l’azione penale oppure no in base agli elementi di prova raccolti dalla polizia. Nel caso relativo alla rete di pedofili di Rochdale, il Cps – guidato in quegli anni da Starmer – decise di non andare a processo, essenzialmente perché non si riteneva credibile la versione della vittima che con la sua denuncia aveva dato il via alle indagini.

Questa decisione, molto criticata dall’opinione pubblica, fu ribaltata poco più tardi da Nazir Afzal, nominato procuratore capo del Cps per l’Inghilterra nord-occidentale proprio dal futuro premier Starmer. Alla fine, nove uomini furono condannati per lo sfruttamento sessuale di 47 ragazzine, con il Cps che si ritrovò costretto a fare mea culpa per come aveva inizialmente gestito la situazione: «Avevamo deluso quelle vittime quando avevano presentato una denuncia per la prima volta nel 2008. Keir (Starmer – ndr) era al 100% dietro la decisione di ammettere pubblicamente che avevamo sbagliato in passato», spiegò anni più tardi Afzal, il procuratore che esercitò l’azione penale e riuscì a ottenere le prime condanne.

Il bilancio (positivo) dell’esperienza di Starmer

In un primo momento, insomma, il Cps a guida Starmer commise alcuni errori. Ma prima di lasciare il posto di procuratore capo, il futuro premier britannico riuscì comunque a dare una svolta all’approccio con cui il Crown Prosecution Service trattava i casi di abusi sessuali. Durante i suoi cinque anni alla guida dell’istituzione, per esempio, Starmer rimise mano alle linee guida sullo sfruttamento sessuale dei minori, con l’obiettivo di semplificare i futuri procedimenti legali e incentivare le vittime di violenza a sporgere denuncia. Un successo che gli fu riconosciuto anche da un rapporto del 2013 della Commissione per gli affari interni, secondo cui il Cps «ha prontamente ammesso di aver deluso le vittime e ha tentato sia di scoprire la cause di questo fallimento sistematico, sia di migliorare il modo in cui fanno le cose per evitare che tali eventi si ripetano». E a proposito dell’operato di Starmer, il rapporto sembra dare un giudizio tutto sommato positivo. «Il signor Starmer – si legge – si è impegnato a migliorare il trattamento delle vittime di violenza sessuale all’interno del sistema di giustizia penale durante il suo mandato come direttore della Pubblica accusa».

Keir Starmer in una foto del 2012, quando ricopriva il ruolo di procuratore capo del Cps (EPA/Armando Babani)

Perché si parla di nuovo dell’inchiesta

Le inchieste sulla maxi rete di pedofili nel Regno Unito proseguono ancora oggi, con le ultime condanne che risalgono allo scorso settembre. Da qualche giorno, però, la vicenda è finita al centro del dibattito politico, principalmente a causa di un articolo del Daily Telegraph – quotidiano filo-conservatore – che accusa l’esecutivo laburista di aver bloccato una nuova inchiesta su larga scala sugli abusi sessuali compiuti ai danni di bambine e ragazzine inglesi dalla gang di pedofili di origine pachistana. Jess Phillips, la ministra per le Pari Opportunità del governo Starmer, ha rimesso la decisione sull’avvio dell’inchiesta alle autorità locali di Oldham, uno dei sobborghi inglesi coinvolti direttamente nei casi di violenza sessuale, mentre i Conservatori chiedono un’indagine a livello nazionale.

La battaglia personale di Elon Musk contro Keir Starmer

Il dibattito è degenerato dopo l’ingresso a gamba tesa di Elon Musk, che ha definito Starmer «un uomo totalmente spregevole» e ha scritto che la ministra Phillips «merita di essere in prigione». Non si è fatta attendere la risposta del premier britannico, che ha invitato il miliardario a smetterla di «diffondere bugie e disinformazione». A quel punto, Musk ha pubblicato un sondaggio su X – piattaforma social di cui è proprietario – in cui ha chiesto ai suoi follower: «L’America dovrebbe liberare il popolo britannico dal suo governo tirannico?». Oltre a criticare l’esecutivo londinese, nei giorni scorsi Musk se l’è presa anche con la stampa britannica, accusata di presunte complicità con i pedofili in nome del «culto della società multietnica e del politicamente corretto».

A dirla tutta, la vicenda sulle gang di pedofili asiatici non è l’unico terreno di scontro tra Musk e il governo Starmer. L’imprenditore sudafricano ha fatto parlare di sé anche per aver invocato la scarcerazione di Tommy Robinson, attivista di estrema destra e sostenitore di diverse iniziative islamofobe e anti-immigrazione. Di recente, Musk è entrato in rotta di collisione anche con Nigel Farage, leader della formazione populista Reform Uk, giudicandolo inadatto a guidare il partito dopo che l’ex volto della Brexit aveva preso le distanze da Robinson.

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