L’indagine sugli stupri di gruppo a Capodanno in piazza Duomo: «Erano giovani con bandiere di Palestina, Turchia, Iraq. Ci toccavano ovunque»
L’indagine della procura di Milano sui presunti stupri di gruppo a Capodanno in piazza Duomo parte dai testimoni. Gli inquirenti cercano l’uomo che secondo la studentessa di Liegi ha assistito agli abusi e ha aiutato le ragazze di nazionalità belga. Gli investigatori analizzano i filmati delle telecamere di zona tra la Galleria, piazza Scala, piazza Fontana e piazza Cordusio. La 20enne ) ha parlato dell’ingresso della Galleria e che tutto sarebbe avvenuto «venti minuti dopo la mezzanotte». Le verifiche fatte finora non hanno però portato a certezze. La procura ha attivato i canali di Eurojust. Le autorità belghe non sono ancora riuscite a mettersi in contatto con la studentessa.
I due tunisini
Intanto ieri il governo ha annunciato l’espulsione di due cittadini tunisini fermati la notte di Capodanno. Uno di loro (con precedenti) avrebbe danneggiato una statua e offeso le forze dell’ordine, il secondo era irregolare. L’inchiesta aperta dal procuratore Marcello Viola per «violenze di gruppo» è affidata al pm Alessia Menegazzo del dipartimento Tutela fasce deboli guidato dall’aggiunto Letizia Mannella. Tra gli episodi c’è il palpeggiamento di una donna emiliana che era in piazza con il fidanzato vicino all’ingresso della Galleria. Che lei ha deciso di non denunciare. La donna ha parlato di un solo uomo, probabilmente un cittadino del Pakistan o indiano. E ha detto di non aver visto altre persone molestate. Per questo tutti i fari sono puntati sulla ragazza belga.
Il silenzio
La ragazza ha scelto la linea del silenzio. Anche con gli inquirenti che hanno tentato di contattarla. Ora si cercano i suoi cinque amici. Non ci sono state altre persone che hanno contattato polizia o carabinieri raccontando di aver subito abusi o assistito a situazioni analoghe a quelle raccontate dalle turiste belghe. Il Corriere della Sera dice che la giovane depositerà una denuncia alla polizia della sua città. Studentessa all’ultimo anno in formazione immobiliare all’alta scuola Charlemagne, Laura ha detto alla tv Rtl che «riuscirò a superare questo momento di choc, ma non passerà presto. Temo che possano manifestarsi delle paure nei prossimi viaggi». Era arrivata a Milano il 30 dicembre: «Doveva essere una festa, si è trasformata in un orrore».
Giovani con bandiere di Palestina, Turchia, Iraq, Pakistan
E ancora: «Non ci sono stati fuochi d’artificio né il conto alla rovescia alla mezzanotte (non erano previsti, ndr) e in piazza c’erano pochi italiani», ha detto al sito 7 su 7. C’erano giovani «con bandiere di Palestina, Turchia, Iraq, Pakistan». Accalcati intorno al monumento a Vittorio Emanuele. Quando da alcuni gruppi sono partiti dei fuochi d’artificio ad altezza d’uomo, la folla ha sbandato. «Era molto pericoloso, avevamo una sensazione di disagio, come se stesse per esserci un attentato», «ci siamo spostati verso le gallerie attorno alla piazza». A quel punto tre ragazze hanno sentito mani che le toccavano: «Violenze e aggressioni sessuali davanti a migliaia di persone! Eravamo intrappolate, impotenti di fronte a una tale violenza».
50, 100 uomini
«Ci circondavano 50, 100 uomini tra i 20 e i 40 anni e non riuscivamo più muoverci. Ci toccavano ovunque, sui vestiti ma anche sotto», «abbiamo provato a dare schiaffi e calci ma era impossibile. Eravamo impotenti. Non importa quanto urlassimo, non c’era modo di liberarsi». La giovane ha sostenuto di essersi rivolta in inglese ai poliziotti presenti. Questi le avrebbero risposto «che purtroppo non potevano fare nulla. Ci hanno detto chiaramente che non sarebbe servito a niente». Una agente donna «ha pianto dicendoci che era impotente di fronte a questa situazione».