Caso Sala, Abedini chiede i domiciliari con braccialetto elettronico. E anche l’Iran preferisce aspettare per il rimpatrio
La strategia sulla possibile liberazione (o comunque non consegna) dell’iraniano Mohammad Abedini Najafabadi è cambiata nelle ultime ore. E se ieri sembrava imminente il rimpatrio dell’ingegnere che varie fonti hanno dall’inizio accreditato come oggetto dello scambio per ottenere la rapida liberazione di Cecilia Sala, in queste ore, anche dopo le dichiarazioni a La Stampa di Carlo Nordio, si capisce invece che la strategia sta cambiando. E che ora c’è a palazzo Chigi c’è più fiducia nel fatto che la decisione del tribunale di Milano potrebbe essere favorevole ad Abedini (se invece il tribunale dovesse dire sì alla custodia ai fini estradizionali, il ministro avrebbe sempre il potere di respingere la richiesta e scarcerarlo). Anche perché nelle interlocuzioni con le autorità iraniane, si è registrato un fatto che può essere considerato nuovo, o almeno fino a qualche tempo fa inatteso: l’Iran ha fatto capire esplicitamente che non ci sta a passare come regime ricattatore e quindi, non vogliono neppure loro che appaia come uno scambio. Uno degli obiettivi della rapida liberazione di Sala è mostrarsi come un interlocutore internazionale più “moderato” del passato, la restituzione dell’ingegnere deve avvenire sì, è il loro auspicio, ma non peggiorando l’immagine di Teheran.
Le mosse dellì’indagato
Oggi, Abedini ha fatto una nuova istanza: arresti domiciliari con il braccialetto e in un appartamento di Milano diverso da quello proposto in precedenza, è la sostanza della richiesta avanzata tramite il suo legale. La nuova richiesta è arrivata dopo il parere negativo della procuratrice Generale di Milano Francesca Nanni all’istanza depositata a fine anno e potrebbe avere maggiori possibilità di essere accolta. In ambienti giudiziari si fa notare, poi, che i reati contestati ad Abedini non sono tali in Italia (perché come è stato detto più volte i pasdaran non sono riconosciuti come organizzazione terroristica) e l’istanza di estradizione non è ancora arrivata. Tutti segnali che vanno nella direzione auspicata dal governo. Posto che il ministro Nordio ha, in ogni caso, la possibilità di intervenire anche dopo l’udienza del 15 gennaio.