La più giovane primaria chirurga d’Italia: «La scelta di fare figli penalizza la carriera»
Gaya Spolverato è la più giovane primaria di un reparto di chirurgia in Italia. Si occupa del cancro e opera per tumori gastrointestinali anche rari all’ospedale di Padova. E oggi in un’intervista a Repubblica parla del perché nelle specialità chirurgiche i medici uomini sono più numerosi: «Storicamente sono sempre state discipline maschili. Il punto è che mancano figure di riferimento femminili, che spingano le donne ad investire in una carriera nella Chirurgia. Il numero delle specializzande però sta crescendo. Nel mio reparto c’è solo un collega maschio che fa la formazione post laurea. Tutte le altre sono donne».
I carichi di lavoro
Uno dei problemi sono i carichi di lavoro: «Sì, ma questo non ha a che fare con il sesso di chi esercita il nostro mestiere. Da noi è più difficile organizzarsi come invece capita ad altri colleghi che fanno i turni, anche al pronto soccorso. Ci sono grandi incertezze sui tempi, può succedere che i pazienti si complichino. Oggi pomeriggio (ieri, ndr ), ad esempio, sono rientrata in sala perché un collega che stava operando mi ha chiesto una mano. Insomma, siamo sempre qua. Se poi oltre a fare gli interventi si desidera continuare a studiare, fare ricerca, sperimentare nuove tecnologie, bisogna utilizzare il resto del tempo, quello fuori dalla sala. I momenti liberi restano pochi». Lei ha fatto rinunce «costantemente. Il reparto funziona perché ho una organizzazione maniacale del lavoro. Poi c’è la famiglia, due figli e un marito che per fortuna fa un altro lavoro, l’architetto. Però è una vita di sacrificio. Arrivano continuamente telefonate, spesso vado all’estero, poi ci sono le consulenze».
Le donne e la chirurgia
Per le donne, spiega nel colloquio con Michele Bocci, non è più difficile diventare chirurghe: «È difficile, piuttosto, rimanere chirurghe. Finché fai la scuola di specialità sei come gli altri. All’ingresso nel mondo del lavoro c’è una spaccatura. A un certo punto, tra i 30 e i 40 anni, desideri mettere su famiglia. Devi stare fuori almeno un anno, perché in sala operatoria incinta non puoi andare, per il primo figlio. Poi magari ne fai un altro. Dopo non vuoi lavorare lontano da casa perché hai i bambini. Finisce che investi meno nella carriera». A lei piace il suo lavoro «perché puoi veramente cambiare la vita di una persona. L’intervento chirurgico è un momento della cura del paziente che può determinarne le sorti. Si può dire che la Chirurgia arriva laddove la terapia non riesce ad andare avanti, dove la medicina si ferma. Attenzione, questo non significa che noi medici non dobbiamo collaborare, anzi: è fondamentale agire insieme, unire le competenze di specialisti diversi che si occupano del cancro».