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La grande fuga dal lavoro, le storie di chi ha lasciato il posto fisso: «Lavoravo in azienda, ma il Covid mi ha fatto ripensare tutto»

10 Gennaio 2025 - 09:46 Ugo Milano
Il racconto di Matteo, ad ingegnere ad apicoltore, e di Lorenzo, da informatico a birraio

Da ingegnere energetico ad apicoltore, per scelta. È la storia di Matteo Castellucci che due anni fa ha scelto di licenziarsi per seguire la sua passione. «Ho lavorato per cinque anni come project manager, mi trovavo bene coi colleghi e anche nell’azienda, che andava bene. Però quel lavoro non rispecchiava quello che ero io, lo stile di vita che avevo in mente», racconta al Corriere di Bologna. All’età di 31 anni, Matteo ha acquistato un terreno e ha detto addio a scrivania e computer. «Il fatto di dover stare in ufficio così tanto tempo, e poi avere orari fissi. Con lo smart working le cose erano un po’ migliorate ma non mi piaceva l’idea di avere un orario fisso. Intendiamoci, adesso non è che lavoro meno, perché in primavera e in estate faccio anche 10-12 ore al giorno e non esistono sabati o domeniche. Ma la gestione del lavoro è totalmente diversa, così come lo stile di vita», spiega. Quando ha preso questa decisione, i genitori erano particolarmente titubanti: «C’è sempre l’idea che il posto fisso e sicuro sia la cosa migliore, quindi gli si sono drizzati i capelli in testa, ma poi hanno capito che non era un capriccio».

Il boom di dimissioni volontarie

Castellucci è solo uno dei tanti volti di un fenomeno più ampio: il boom delle dimissioni volontarie dal lavoro. Solo nella sua città, Bologna, c’è stato un aumento del 25% rispetto al 2019. Nel 2023 sono state 52mila le persone che hanno lasciato il proprio impiego, un dato che conferma una tendenza che ha messo l’acceleratore con la pandemia. Si tratta di un fenomeno nazionale e globale e ha diverse motivazioni: la ricerca di salari migliori, maggiore soddisfazione personale, flessibilità lavorativa o necessità familiari. Lo sa bene anche Lorenzo Rocca, 34 anni ed ex informatico che ha scelto di mollare tutto per diventare birraio.

La storia di Lorenzo

Decisione che Lorenzo ha preso dopo il Covid, nonostante avesse un posto di lavoro con molte garanzie: lo sviluppatore informatico in un’azienda di Cesena. «Quando facevo l’università c’era molto lo stimolo e la spinta a lavorare su progetti proiettati verso il futuro, in informatica. Però poi il lavoro era un impiego molto di routine, con progetti di cui poi spesso non vedevi nemmeno la realizzazione finale», spiega. «Poi con il Covid ho avuto molto tempo per ragionare su come investivo il tempo. Mi dedicavo a tanti hobby e ho capito che lo facevo perché il mio lavoro non mi piaceva più», aggiunge. La paga non è la stessa, ma non tornerebbe indietro.

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