Gaia morta a 13 anni in un incidente, nell’auto anche la madre che non le impose la cintura: l’accusa di omicidio stradale
Giada Gerundo dovrà difendersi in tribunale dall’accusa di omicidio stradale perché non avrebbe imposto a sua figlia 13enne Gaia Menga di mettere la cintura di sicurezza. La donna, 34 anni e madre di tre figli, il giorno dell’incidente in cui è morta sua figlia non era neanche alla guida dell’auto. «Dimostreremo l’innocenza della mia assistita, ha costretto Gaia a mettere la cintura – dice a Tgcom24 l’avvocato Gino Salvatori – La sua condanna, la sta pagando tutti i giorni della sua vita con la morte della figlia».
L’incidente in cui è morta Gaia
L’incidente è avvenuto il 4 novembre 2023, quando alla guida di una Golf c’era un’amica di Gerundo, Betty Sorsile. Come riporta il Messaggero, la donna ha chiesto di patteggiare una pena a due anni e 10 mesi di reclusione per omicidio stradale. Quel giorno Sorsile e Gerundo, con la figlia Gaia, avevano trascorso la serata ad Anzio, dove avevano cenato. Quando si trovano sulla Laurentina a Roma, Sorsile che era al volante ha perso il controllo dell’auto, mentre viaggiava a velocità sostenuta. L’auto si è ribaltata. Nell’incidente Gaia, 13 anni, è stata l’unica a perdere la vita.
Il caso Ruspantini e la decisione della Cassazione
Il caso di Giada Gerundo e sua figlia arriva dopo la decisione della Cassazione sul caso Ruspantini proprio in merito alla cintura di sicurezza in auto. I giudici avevano confermato la condanna per una 29enne di Alatri, accusata di omicidio colposo perché finita fuori strada per evitare di investire un cane. Con lei in auto c’era l’amico 18enne Gianmarco Ruspanti, morto sul colpo.
Secondo i giudici, la ragazza «non aveva preteso dai passeggeri, prima di mettersi in marcia, che indossassero la cintura». Perciò hanno disposto un nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Roma, perché secondo il perito nominato dal Tribunale il 18enne poteva salvarsi se avesse indossato la cintura.