Sara Chierici in tv, il racconto alle Iene del lancio della bici sui Murazzi: «Siamo scappati in preda al panico. Poi sono crollata con mia sorella»
Parla per la prima volta in televisione Sara Chierici, la ventenne condannata a 16 anni di carcere per aver coperto il lancio della bici sui Murazzi di Torino che ha causato lesioni irreversibili allo studente Mauro Glorioso, da allora ridotto in sedia a rotelle. Lo fa in prima serata alle Iene. Ai microfoni dell’inviata Alice Martinelli, la ragazza visibilmente provata, ripercorre quella tragica notte del 21 gennaio 2023: «Ci siamo incontrati qua sotto, nel quartiere di casa mia. Eravamo io, il mio ex fidanzato, il suo amico, la ragazza di questo amico e un altro ragazzo più piccolo del gruppo. Sabato sera siamo andati in centro, perché c’è la movida di Torino. Ad un certo punto i tre ragazzi erano molto più avanti di noi (di lei e della sua amica, ndr)». Sara racconta che il gruppo raggiunge una delle balaustre che sovrastano la zona della movida, e tre di loro afferrano una bicicletta dello sharing, dal peso di oltre 20 kg, sollevandola insieme per poi trasportarla verso il parapetto. «Non ho dato peso a quello che volevano fare. Il tempo che proprio alzo lo sguardo vedo ‘sta bici cadere giù», racconta Sara. Infatti, pochi istanti dopo, la bicicletta viene lanciata nel vuoto, precipitando sulla folla sottostante che era in attesa di entrare in un locale. L’impatto è devastante, causando lesioni irreversibili a uno di loro, Mauro Glorioso.
Il risveglio e il panico
«Hanno fatto una bella ca****a. Sapevamo che sotto c’è gente», aggiunge la ragazza, ammettendo che il gruppo fosse consapevole del rischio e delle possibili conseguenze. «Avevano bevuto, erano abbastanza ubriachi», ammette poi. Subito dopo il gesto, Sara ricorda: «Io sono stata immobile. L’altra ragazza è andata subito da loro, si è esposta e ha dichiarato di aver visto che c’era tanta folla, la bici per terra e urla. Ha iniziato a dire: ‘Scappate, correte!’. I ragazzi sono stati i primi a correre. Il più piccolo è stato il primo, poi c’è stato Victor, poi lei, poi io ero l’ultima. Ero incredula e gridavo: ‘Brutti co*****i, raga, perché l’avete fatto?’. Eravamo tutti in preda al panico». Il gruppo si dà alle gambe e sale sull’autobus 10, cercando di dimenticare tutto. Tornano a casa e vanno a dormire. Ma il mattino dopo è chiaro che è successo qualcosa di molto grave. «Mi sono svegliata e ho cercato su Internet “bici Murazzi”. È uscito un articolo che diceva: “Ragazzo colpito in gravissime condizioni. Di 23 anni” Mi è crollato il mondo addosso». Il senso di colpa inizia a tormentare lei, così come gli altri, fin da subito. Si scambia dei messaggi con l’allora fidanzato. Poi con l’altra amica. Più il temo passa è più sono nel panico.
Il crollo con la sorella
Eppure Sara, racconta, non trovare il coraggio di confessare subito l’accaduto. «Mia sorella mi ha chiesto: ‘Sa, ma tu eri in piazza Vittorio? Non è che è stato qualcuno che conosciamo?’. Ho risposto: ‘No, io non so niente’. Sentivo che era una cosa troppo grande per parlarne con qualcuno che non c’era quella sera». Nei giorni successivi Sara vive in isolamento a casa e la sorella, preoccupata per questo comportamento, le chiede se ci sia qualcosa che non va, ma la ragazza tenta di minimizzare: «Lei aveva notato che non uscivo, che stavo male, e mi ha chiesto: ‘Sa, mi devi dire qualcosa?’. Io le ho risposto: ‘No, non è niente’, ma dentro di me sapevo che prima o poi avrei dovuto raccontare la verità. Poi, un giorno, eravamo in bagno e mia sorella mi ha detto: ‘Sa, dimmi la verità: la bici dei Murazzi… È stato qualcuno che conosciamo?’. Non ho più retto e le ho risposto: ‘La bici dei Murazzi, è stato Victor’. È rimasta scioccata. Mi ha detto che dovevo andare a denunciare tutto, ma io non avevo il coraggio di farlo. Era come se sentissi che non potevo affrontarlo in quel momento».
La confessione e il fermo dei Carabinieri
Dopo giorni di silenzio, Sara trova la forza di confessare anche alla madre di essere stata presente ai fatti dei Murazzi, ammettendo di non aver denunciato per paura e vergogna. La madre, sconvolta, le chiede perché non avesse parlato prima, ma Sara spiega di sentirsi schiacciata dal peso dell’accaduto e dal timore delle reazioni altrui, sottolineando come il suo timore di essere vista come un’«infame» l’abbia inizialmente frenata dal confessare. «Me lo dicono in faccia, tutti, perché io sono quella che può stare ai domiciliari». La sua vicenda raggiunge poi un punto di svolta quando, alle 5 del mattino, i Carabinieri suonano alla porta di casa sua. Sara ricorda ogni dettaglio di quel momento: era seduta sul letto, immobile, quando la madre è andata ad aprire. Gli agenti, con un tono deciso, chiedono di lei. Le mostrano una foto molto grande sul tavolo e le chiedono: «Sei tu, vero?». Sara conferma, sapendo che da quel momento nulla sarà più come prima. «Adesso ti portiamo in questura, prenditi un cambio perché non torni a casa», le hanno detto. La paura e l’angoscia di quella mattina rimangono indelebili nella sua memoria.
La condanna e il futuro
Quando pochi giorni fa le è stata comunicata la condanna a 16 anni, Sara fuori dall’aula è crollata: «Quando mi hanno detto che erano 16 anni, sono svenuta. Il Pm ne aveva chiesti 12, pensavo mi dessero meno». Nonostante la sua estraneità materiale al gesto, la pena inflittale è stata più alta rispetto a quella degli altri imputati. «Non sono pene eque. Come fai a non distinguere chi l’ha fatto e chi no?». Ma il comportamento di Sara, per i giudici, è stato interpretato come una totale indifferenza rispetto al fatto avvenuto, sostenendo che non si fosse mai interessata realmente di quanto accaduto a Mauro. Nonostante questo, la ragazza rivolge parole di scuse nei confronti della vittima, Mauro Glorioso: «È stato un gesto inspiegabile. Non ci sono spiegazioni ancora ad oggi, soprattutto da parte di chi l’ha fatto. Chiedo scusa umanamente, nonostante io non l’abbia mai toccata con la bicicletta. E pensare che un ragazzo non potrà mai più riprendere in mano la sua vita, questo è inaccettabile». Infine, la Iena le chiede: «Tu quanti anni avrai quando sarà finito tutto questo?». Sara risponde con voce tremante: «36». Alla domanda su come immagina la sua vita a quell’età, Sara non riesce a trovare una risposta concreta: «Sicuramente non ne avrò mai più 20. Non me lo immagino».