Il Ddl sicurezza, le nuove tutele alle forze dell’ordine, il no al pressing della Lega e il sì alle richieste del Colle: la linea di Meloni dopo le manifestazioni
Il ddl Sicurezza procede verso l’approvazione. Spedito, ma senza fretta, anche perché la linea scelta dal principale partito di governo e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni – almeno per ora – è di utilizzarlo per raccogliere diverse esigenze arrivate in queste settimane. E cioè tutelare ulteriormente le forze dell’ordine (che già nell’attuale disegno di legge vedono rafforzate parecchie prerogative), e d’altro canto, però, ascoltare i rilievi del Quirinale su alcuni punti, per evitare che manchi la firma al testo e finisca con un rinvio alle Camere che potrebbe accendere le energie dell’opposizione.
L’iter al Senato
Il testo, approvato in prima lettura alla Camera, è ora in discussione davanti alle commissioni Prima e Seconda (Affari costituzionali e Giustizia) al Senato, dove si stanno già trattando i diversi articoli, con discussione e votazione. L’obiettivo dei relatori, Marco Lisei di Fratelli d’Italia per la Prima e Erika Stefani, Lega, per la Seconda, è arrivare alla conclusione entro la fine del mese, per poi permettere la calendarizzazione in Aula. Nelle scorse ore, anche dopo le manifestazioni dei giorni scorsi in seguito alla morte di Ramy Elgaml, da Lega e Forza Italia è partito il pressing per provare ad accelerare e portare il testo in aula senza relatore, facendo decadere tutte le modifiche fatte in commissione e con l’obiettivo di approvare il Ddl così com’è. Un pressing che Fratelli d’Italia intende respingere, però, per vari motivi.
Le nuove tutele per gli agenti
Oltre alle parti più contestate, tra cui il rendere reato penale i blocchi stradali e la collaborazione di tutta la pubblica amministrazione con i servizi segreti (inclusi gli atenei universitari) e il divieto di commercializzazione della cosiddetta cannabis light, il ddl contiene due articoli specificamente destinati a tutelare le forze dell’ordine: il 19 che prevede una aggravante specifica per la resistenza e la minaccia a un’agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza; le lesioni personali ad agente di pubblica sicurezza diventano un reato specifico e più grave. A questi si aggiunge la dotazione economica per l’acquisto e uso di bodycam (senza particolari vincoli su quando sia obbligatorio usarle), e un fondo per la tutela legale. Qui, stando all’idea del capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami, si potrebbe inserire la norma che potrebbe impedire di iscrivere al registro degli indagati l’agente che abbia commesso un reato (omicidio compreso) nell’esercizio legittimo delle proprie funzioni. L’ipotesi è che in una prima fase di istruttoria risponda il ministero competente e che l’agente di pubblica sicurezza venga iscritto solo qualora ci siano specifici indizi a suo carico. Una modifica che, ovviamente, costringerebbe a rinviare tutto alla Camera per una terza lettura.
Le modifiche suggerite dal Quirinale
Ma i cambiamenti potrebbero essere anche altri. Nelle scorse settimane, il ministro per i rapporti con il parlamenti, Luca Ciriani, aveva aperto all’ipotesi di accogliere due rilievi arrivati dal Quirinale. L’eliminazione del divieto di vendere le sim per i telefoni cellulari a chi sia in Italia senza permesso di soggiorno e reinserire l’obbligo di rinvio di esecuzione della pena per le madri incinte e con figli minori di un anno, che il ddl doveva eliminare. L’idea più credibile, spiegano fonti delle Commissioni, è che tutte le modifiche arrivino in aula, quando saranno stati già bocciati i 1300 emendamenti presentati dalle opposizioni. La forzatura sui tempi arriverà, semmai, una volta alla Camera.