Università e ddl Sicurezza, scontro sulla norma dei servizi segreti: «Il Grande Fratello entra negli atenei». La replica: «Allarmismi ingiustificati»
Il dibattito sul ddl Sicurezza promosso dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ora fa discutere anche il mondo dell’università. Motivo dello scontro è l’articolo 31 del disegno di legge, già approvato alla Camera e in discussione al Senato, prevede l’obbligo, di fatto, anche per università ed enti di ricerca di collaborare con i servizi segreti, inclusa la possibilità di derogare alle normative sulla riservatezza. Questo punto ha sollevato allarmi tra ricercatori, sindacati e associazioni di settore. Secondo l’Associazione Italiana per la Scienza Aperta (Aisa), il provvedimento trasforma la collaborazione volontaria tra istituzioni accademiche e agenzie di intelligence, prevista dalla legge del 2007, in un obbligo. Inoltre, la possibilità di derogare alle normative sulla riservatezza viene interpretata come «una grave violazione dei diritti costituzionali». L’Aisa ha definito la misura un «attacco diretto» all’autonomia delle università e un passo verso una forma di controllo che minaccerebbe le libertà fondamentali. A dar man forte a questa denuncia si sono uniti i sindacati, con la segretaria della Flc Cgil, Gianna Fracassi, che ha dichiarato: «In gioco ci sono libertà tutelate dalla Costituzione, come la libera espressione e la tutela della riservatezza».
Cosa dice l’articolo 31 del Ddl Sicurezza
«Le pubbliche amministrazioni, le società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico e i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità sono tenuti a prestare al DIS, all’AISE e all’AISI la collaborazione e l’assistenza richieste, anche di tipo tecnico e logistico, necessarie per la tutela della sicurezza nazionale», recita precisamente l’articolo 31. «Il DIS, l’AISE e l’AISI possono stipulare convenzioni con i predetti soggetti, nonché con le università e con gli enti di ricerca, per la definizione delle modalità della collaborazione e dell’assistenza suddette. Le convenzioni possono prevedere la comunicazione di informazioni ai predetti organismi anche in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza», conclude.
La replica della maggioranza: «Allarmismi ingiustificati»
Sul fronte politico, il senatore di Forza Italia Mario Occhiuto ha respinto le accuse, definendo le critiche un tentativo di creare «allarmismi ingiustificati». Della stessa linea anche il deputato di Fratelli d’Italia, Alessandro Amorese, capogruppo in commissione Cultura e Istruzione alla Camera. «Non c’è alcun rischio di subordinazione o di dipendenza ai servizi segreti da parte delle Università italiane. Il ddl non intacca minimamente l’autonomia degli atenei: ha come obiettivo, piuttosto, quello di garantire una protezione maggiore a studenti, docenti, e a tutti coloro che lavorano nella ricerca scientifica», dichiara. «Non ci sono infatti obblighi per le Università di collaborazione o di dipendenza con i Servizi: la libertà dei nostri Atenei non viene toccata in alcun modo», chiosa.
Rassicurazioni arrivano anche dal presidente degli Enti di ricerca, Antonio Zoccoli, che spiega: «Non vedo motivi di allarme e del resto tutti gli stati, non solo europei ma anche l’America e i paesi asiatici ci chiedono di avere una strategia nazionale di sicurezza nella ricerca che deve essere aperta quanto più possibile, ma chiusa quanto serve». Nei mesi scorsi, era montata una protesta simile con le opposizioni che hanno attaccato il Ddl sicurezza di permettere agli organi dei Servizi segreti di accedere al lavoro di tutte le pubbliche amministrazioni compresi gli atti coperti da riservatezza. Coinvolgendo anche le procure, il timore diffuso era che potessero esserci intrusioni nelle indagini in corso, non tanto per ragioni di sicurezza nazionale quanto per controllare i pm.
Gli studenti scendono in piazza
Intanto, l’Unione degli Universitari (Udu) ha annunciato un presidio a Roma il 17 gennaio, definendo il provvedimento un attacco all’autonomia della ricerca e un «Grande Fratello» pronto a invadere le aule universitarie. L’Udu ha anche promesso ulteriori mobilitazioni in tutto il Paese per sensibilizzare l’opinione pubblica e fermare l’approvazione del decreto. «Non possiamo accettare che l’università diventi un luogo di controllo e sorveglianza», affermano gli studenti.