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Ha ucciso la moglie e la figlia di lei, ma aveva «motivi comprensibili»: e il femminicida evita l’ergastolo

13 Gennaio 2025 - 10:40 Alba Romano
salvatore montefusco femminicidio modena
salvatore montefusco femminicidio modena
Secondo i giudici Salvatore Montefusco è stato spinto «dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate»

Salvatore Montefusco, che ha ucciso la moglie e la figlia di lei il 13 giugno 2022, aveva una «comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato». Per questo la Corte d’Assise di Modena lo ha condannato a trent’anni di carcere e non all’ergastolo. Secondo i giudici Montefusco è stato spinto «dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate», secondo la sentenza di cui parla l’agenzia di stampa Ansa. E quindi merita trent’anni di prigione e non l’ergastolo.

La sentenza

Montefusco uccise a fucilate la moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia della donna, Renata, 22enne, a Cavazzona di Castelfranco Emilia. La procura per lui aveva chiesto l’ergastolo. Ma la presidente estensore Ester Russo e gli altri togati il 9 ottobre hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute (rapporto di coniugio e aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia). Escludendo premeditazione, motivi abietti e futili, l’aver agito con crudeltà e ritenendo assorbiti i maltrattamenti nell’omicidio. Nelle 200 pagine di sentenza si spiega che il delitto è avvenuto in un contesto di forte conflitto tra l’omicida e le due donne. Con tanto di presentazione di denunce reciproche. Per questo, secondo i giudici, il movente «non può essere ricondotto e ridotto a un mero contenuto economico», ovvero alla casa dove vivevano.

Il femminicida

Ma è piuttosto da riferirsi «alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall’imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell’ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l’abitazione familiare». E con essa anche controllo e cura del figlio. Per i giudici è plausibil ” che, come riferito da Montefusco, quando Renata gli disse ancora una volta che avrebbe dovuto lasciare la casa questo «abbia determinato nel suo animo, come dallo stesso più volte sottolineato, quel black-out emozionale ed esistenziale che lo avrebbe condotto a correre a prendere l’arma» a pochi metri di distanza. Ea uccidere le due che mai e poi mai secondo quanto affermato dai testimoni sentiti in aula, aveva prima d’allora minacciato di morte.

Le attenuanti generiche

La concessione delle attenuanti generiche considera la confessione, la sostanziale incensuratezza, il corretto contegno processuale e la «situazione che si era creata nell’ambiente familiare e che lo ha indotto a compiere il tragico gesto». Nel giudicare l’equivalenza tra attenuanti e aggravanti non si può non tenere conto, per la Corte, «di tutta quella serie di condotte unilaterali e reciproche che, susseguitesi nel tempo e cumulativamente considerate». Le quali, anche se pure non hanno integrato l’attenuante della provocazione, «hanno senz’altro determinato l’abnorme e tuttavia causale reazione dell’imputato».

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