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Da Falcone a Di Pietro, le lettere ricevute e inviate da Craxi ai protagonisti dell’ultimo decennio della «Prima Repubblica»

14 Gennaio 2025 - 09:34 Alba Romano
Sono state portate alla luce dallo storico Andrea Spiri nel volume Bettino Craxi. Lettere di fine Repubblica

A quasi 25 anni dalla morte di Bettino Craxi, l’ultimo leader della «prima Repubblica» scomparso ad Hammamet il 19 gennaio 2000, spuntano nuove lettere, inviate e ricevute dal segretario del Psi e portate alla luce dallo storico Andrea Spiri nel volume Bettino Craxi. Lettere di fine Repubblica. Dalla corrispondenza craxiana emerge un tratto inedito dei rapporti tra Craxi e Berlusconi. «Mi dicono che le parole che ho pregato mio figlio di riferire hanno destato una certa sorpresa e financo forse infastidito – si legge nella missiva datata 1999 -. Mi dispiace. Io non desidero creare problemi più di quanti non ce ne siano (…) Va detto e ripetuto invece che il trattamento che in questi anni ho ricevuto dagli organi di informazione giornalistici e televisivi di tua proprietà è francamente difficile da descrivere. Salvo poche eccezioni la mia immagine è stata letteralmente cancellata. (…)». 

Le lettere

E poi ancora: «In questi anni, ho ricevuto le visite più disparate. Anche il Papa mi ha inviato un religioso con un suo messaggio. Solo Veronica, carissima, si incontra ogni anno con mia moglie. Non si è mai presentato nessuno alla porta della mia casa per tuo incarico personale». Le lettere vanno dal 5 luglio 1989 fino alla fine del 1999. La prima è stata inviata da Craxi al magistrato Giovanni Falcone dopo il fallito attentato dell’Addaura nel 1989. Nella missiva, pubblicata da Corriere, si legge: «Sono felicissimo dello scampato pericolo, si guardi e si straguardi».

Tra le ultime, invece, quella in cui  Francesco De Martino, avversario storico e suo predecessore alla guida del Psi, afferma: «Seguo con profonda partecipazione ed ansie le vicende di salute di Bettino. (…) Prego i familiari di recargli, se possibile, l’espressione dei miei sentimenti di amicizia di lunga data, non mutati dalle traversie del passato». Nell’epistolario anche le poche righe che Craxi indirizza a papa Wojtyla: «Santo Padre, don Verzè mi porta il suo messaggio augurale. Grazie. La unica grande fiducia è in lei. Offro le mie sofferenze per il mio Paese e per le intenzioni di Vostra Santità». 

La missiva di Di Pietro

L’ultimo decennio della «prima Repubblica» rivive attraverso le parole dei protagonisti: esponenti di governo, uomini di partito, intellettuali, magistrati e giornalisti. Da Giulio Andreotti che scrive al leader socialista di «non alzare le pretese sull’età pensionabile» alla missiva di Sandra Milo nel 1992 quando Mani Pulite è già partita e le elezioni sono alle porte. «Caro Bettino – scrive Milo – vorrei davvero esserti utile in qualche modo, e quando non vengo respinta, cerco di aiutare le persone che lavorano con te». Fino alla corrispondenza con Antonio Di Pietro. Nel corso della prima udienza del processo sulla maxitangente Enimont, il 5 luglio 1994, il segretario del Psi presenta un’istanza di rinvio del dibattimento per motivi di salute.

Di Pietro, rivolgendosi al presidente della quinta sezione del Tribunale di Milano, pronuncerà sarcastico la frase: «Mi sembra che l’imputato abbia un furuncolone pieno di pus al piede sinistro». Nell’epistolario, spunta una lettera riservata che Di Pietro fa pervenire a Craxi attraverso l’avvocato Enzo Lo Giudice, in cui il pm si scusa per aver fatto il prepotente con l’imputato. «Non era e non è mia intenzione ironizzare sulle condizioni di salute di chicchessia perché so bene quali siano i patemi d’animo, le preoccupazioni, lo stato d’ansia che coinvolge chi ha problemi cardiaci e diabetici. Ho il difetto, questo sì, di spiegarmi in modo semplice ed elementare (…) ma non deve mai essere interpretato come volgare ironia». 

Foto copertina: ARCHIVIO ANSA | Inaugurazione del nuovo centro “Pertini” del PSI alla Balduina (ex cinema Balduino). Nella foto Bettino Craxi (sx) e Vincenzo Balzamo (dx)

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